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Cardiologia
Serena Zoli
pubblicato il 13-04-2016

Farmaci e cardiologia: le donne rischiano il doppio



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Più effetti avversi per le "signore" dopo un infarto. Flavia Franconi, farmacologa: «La fisiologia femminile è ancora meno conosciuta». A Matera un convegno sulla medicina di genere

Farmaci e cardiologia: le donne rischiano il doppio

«Una delle cose più interessanti è dimostrare che con la medicina di genere aumenta la sostenibilità della spesa sanitaria nazionale». Flavia Franconi, docente di farmacologia cellulare e molecolare all'Università di Sassari, esordisce così per presentare il convegno «Gender and life style: from puberty to elderly frailty», in programma a Matera dal 14 al 16 aprile e sostenuto da tre Università: della Basilicata, di Sassari e della Sapienza di Roma. Nel senso che le donne costano meno se curate come donne? «Le donne hanno quasi il doppio di reazioni avverse a quasi tutti i farmaci», è la risposta. «E questi effetti avversi costituiscono un costo in più per la sanità, oltre che un aggravio sulla salute femminile, a volte mortale: le reazioni avverse stanno al quarto-quinto posto come causa di decessi e/o di ospedalizzazione».


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DUE, NON UNA FISIOLOGIA

Una disparità impressionante nelle reazioni dei due sessi alle medicine. Come si spiega? «Si spiega col fatto che non conosciamo la fisiologia femminile come la fisiologia maschile. Questa ha alle spalleuesta tutte le esperienze nelle caserme con le visite di leva, finché c’è stata, su numeri enormi di maschi giovani. E in gran parte è questa la fisiologia su cui sono basati e provati i farmaci». Questa è la prima rivendicazione avanzata da quanti sostengono la medicina di genere: che i test sulle terapie vengano fatti su maschi e femmine, non più considerando il corpo di queste ultime una semplice “variante” del modello maschile.

L'ASPIRINA NELLA PREVENZIONE
DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

LA “ZONA BIKINI”

Franconi, ora in aspettativa per un incarico di assessore alla Regione Basilicata, è stata una delle prime in Italia a sostenere la necessità che la medicina si moduli attorno a due diversi organismi umani perché le differenze di genere ci sono e in vari casi non da poco. In un solo caso la donna è presa in esame in primis: nella “zona bikini”, come dicono polemicamente i partigiani della medicina di genere, cioè per seno e apparato riproduttivo, quando proprio è impossibile rifarsi a un modello maschile. Il titolo del convegno internazionale di Matera ("Genere e stile di vita: dalla pubertà alla fragilità della vecchiaia”) viene quasi smentito nei suoi limiti dalla parole di Franconi: «Dimostreremo che la differenza di genere è per tutte le età, dalla vita prenatale. Le bimbe di solito alla nascita pesano meno, questo segnala una traiettoria dello sviluppo diversa. Le differenze tra i sessi non nascono con la pubertà, iniziano con la vita. E persistono oltre la menopausa. Dimostreremo che non è solo una questione di ormoni, ma qualcosa di più complesso. Tutto da indagare».


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MANCANO CRITERI PER LEI

Allora la svolta invocata è l’indagine e la sperimentazione medica anche sulle donne, in assoluta parità con gli uomini? Sì, ma… C’è una complicazione, avverte la professoressa Franconi nell’illustrare i temi del convegno di cui è una dei tre presidenti. «Quali donne prendiamo in esame? Il 35 per cento per tutta l’età feconda prende anticoncezionali orali. Esaminiamo queste? E le altre? Sono forse uguali? No, il metabolismo è diverso, la pillola può cambiare il modo in cui agiscono i farmaci. Bisogna capire che criteri darsi per l’arruolamento delle donne nella ricerca e sperimentazione delle cure». In diverse relazioni al convegno il tema concerne le malattie cardiovascolari. Illustra ancora la Franconi: «Abbiamo rivisitato il vecchio studio europeo “Smile” sulla terapia post-infartuale condotto su uomini e donne insieme. Dopo un anno il tasso di morte femminile risultava più alto. Un grave evento cardiovascolare si è verificato per il 23 per cento delle donne contro un 17 per cento dei maschi».


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NORD-SUD UN CUORE DIVERSO

Ma c’è altro, di sorprendente, tra i numeri di questa indagine. Se si guarda alle persone divise tra paesi del nord e paesi mediterranei, si passa da un 12 per cento al nord a un clamoroso 54 per cento al sud di rischio di complicanze cardiovascolari. Che cosa significa? «Nel nord Europa ci sono i paesi che fanno le politiche di genere migliori al mondo e lì la mortalità risulta pressoché uguale tra uomini e donne. Se ne deduce che la risposta farmacologica dipende anche dall’ambiente, da come si vive e si è seguiti nelle varie fasi della vita».


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ALCOL E FUMO: DUE STORIE A PARTE

Un ultimo punto del convegno che Flavia Franconi vuole segnalare è il tema tossicodipendenze. «Noi parliamo di alcol e fumo, che sono anch’essi droghe», precisa. «Anche qui ci sono differenze di genere a vari livelli. Con le sigarette le donne hanno più difficoltà a smettere. Tutte le conseguenze negative che possono derivare da alcol e fumo risultano più gravi nelle donne. Quanto agli aiuti farmacologici per smettere, le donne tendono a rispondere meno. Ma è chiaro, in alcuni studi di rimedi contro il fumo non è stata arruolata neanche una donna. Concludendo: anche per la lotta alle tossicodipendenze occorrono nuovi approcci di genere».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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