Il declino cognitivo rallenta se si seguono terapie per l’ipertensione. Merito di una migliore circolazione del sangue a livello cerebrale
Le terapie per il controllo della pressione sanguigna rallenterebbero il declino cognitivo nelle persone di mezza età e anziane. Gli individui in cirua, infatti, mostrano un deterioramento delle capacità cerebrali analogo a quello dei soggetti che non hanno la pressione alta. Il dato emerge da uno studio presentato al congresso dell’American Heart Association dedicato all'ipertensione. I risultati toccano due delle condizioni - l'ipertensione e il declino cognitivo - più comuni legate all’invecchiamento. Secondo le linee guida della stessa società, l’ipertensione costituisce una minaccia globale alla salute, con un miliardo di persone interessate in tutto il mondo.
Curare l'ipertensione e il diabete fa bene anche alla mente
I LIMITI IN OCCIDENTE: 130/80
I ricercatori della Columbia University (New York) hanno analizzato i dati su circa 11.000 adulti già arruolati tra il 2011 e il 2015 in uno studio cinese (Charls). Qui l’ipertensione era definita da valori di pressione sistolica (massima) e di pressione diastolica (minima) uguali o superiori a 90. Mentre per l’American Heart Association i due valori sono 130/80.
Tra i dati emersi dalla ricerca si segnalano:
- un generale calo nei valori cognitivi nei quattro anni dello studio
- un più veloce declino cognitivo tra i partecipanti all’indagine dai 55 anni in su ipertesi (non in trattamento), rispetto ai coetanei in cura per l'ipertensione o che presentavano valori pressori nella norma
- un simile rallentamento nelle capacità di memoria, di linguaggio, di pensiero delle persone in terapia per l’ipertensione e di altre che non avevano la pressione alta
IPERTENSIONE: COME CURARLA?
TROPPI NON SANNO DEL LORO PROBLEMA
«Penso che dovremmo impegnarci per espandere gli screening sull’ipertensione, soprattutto nella popolazione a rischio, perché moltissime persone neanche sanno di soffrire di pressione alta e che si può curarla - ha dichiarato presentando lo studio Shumin Rui, un biostatistico della Columbia. -. La nostra ricerca è stata fatta su adulti di mezza età e anziani della Cina, ma pensiamo che i dati possano applicarsi a ogni popolazione. Ora c’è da studiare a fondo l’interazione tra ipertensione e declino cognitivo, sul perché procedano insieme». Una prima risposta viene da Gianfranco Parati, direttore scientifico dell'Istituto Auxologico di Milano e ordinario di malattie dell'apparato cardiovascolare all'Università di Milano-Bicocca. «Uno dei più importanti effetti negativi della pressione alta è l’aterosclerosi. Si creano placche nelle coronarie, nelle carotidi e, scendendo lungo questi vasi grossi, arrivano anche ai più piccoli. Dunque pure a livello della microcircolazione cerebrale e un cervello non adeguatamente irrorato non funziona bene. Poi altre concause per l’impoverimento delle capacità mentali».
ANCHE L’ICTUS CALA DEL 60 PER CENTO
Per dare l’idea del rischio ipertensione, lo specialista fa l’esempio dell’ictus. «Si tratta della più grave complicanza della pressione alta, ma se la si tiene sotto controllo il rischio diminuisce del 60 per cento». C’è consapevolezza in Italia del rischio pressione alta? Le persone che ne soffrono si curano? «La situazione è molto migliorata. In generale si tiene sotto controllo il 55-60 per cento della popolazione».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.