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Cardiologia
Cinzia Pozzi
pubblicato il 18-02-2014

Anni di depressione possono far male al cuore



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Il rischio di malattie cardiovascolari aumenta con la durata dello stato depressivo, emerge da uno studio inglese. Stretto legame tra le due patologie: dopo l’infarto è frequente il rischio di soffrire di depressione

Anni di depressione possono far male al cuore

Il motivo è ancora poco chiaro, ma la relazione causale sembra ormai certa: malattie cardiovascolari e depressione sono legate, le une influenzano l’altra e viceversa. Che la depressione faccia male alle coronarie se ne parla da tempo. I risultati dello studio canadese INTERHEART, pubblicato nel 2011 su Lancet, avevano già stabilito che il “male dell’anima” è affiancabile ad altri fattori di rischio come fumo, ipertensione, diabete, valori di lipoproteine nel sangue, dieta, attività fisica e consumo di alcolici.

Tutti parametri “modificabili”, ovvero su cui il paziente stesso può intervenire per un’efficace prevenzione. Una conferma dell’influenza della depressione sul rischio di infarto la danno oggi i ricercatori dell’University College di Londra con un’indagine pubblicata sul European Journal of Preventive Oncology

 

CON IL TEMPO

Lo studio, durato un ventennio, ha monitorato le condizioni di salute di oltre 10 mila impiegati statali: ogni 2-3 anni un check-up generale su ogni partecipante ha registrato anche eventuali disturbi coronarici, ictus, oltre che lo stato psicofisico, inclusi sintomi depressivi. Ne è emerso che i pazienti depressi mostrano un maggiore rischio di soffrire di cuore e che aumenterebbe con il tempo. Nelle prime due valutazioni successive, ovvero a 5-6 anni dall’inizio dello studio, la manifestazione di uno stato depressivo è risultata ininfluente sulla salute cardiovascolare, ma dalla terza o quarta in poi si è registrato un 100 per cento di rischio in più nei pazienti con manifesta depressione.

In altre parole, spiegano i ricercatori, sembra esserci «un effetto cumulativo negli anni che fa pensare a un legame dose-risposta». Ancora vaghe le ipotesi sul meccanismo con cui la depressione eserciti questa influenza sulle coronarie: alcuni studi correlati indicano uno stile di vita sregolato, più diffuso tra i depressi, altri lo stress e lo stato infiammatorio generale. Qualunque sia la motivazione, per gli autori «vale la pena occuparsi anche del trattamento della depressione nei pazienti con malattia cronica o ripetuti episodi cardiovascolari». Da questo studio non è, invece, emersa alcuna associazione chiara tra depressione e ictus. 

 

GLI ANTIDEPRESSIVI

Questo non significa, però, che curare la depressione con farmaci mirati abbia un effetto terapeutico sulla malattia cardiovascolare cronica oppure annulli il rischio di un secondo infarto. «Abbiamo evidenze di un’associazione statistica tra le due condizioni – commenta Filippo Crea, docente di Cardiologia presso l’Università Cattolica- Policlinico Gemelli di Roma – Però non è ancora stato fatto alcuno studio che dimostri che la somministrazione di antidepressivi nei pazienti riduca il rischio di infarto

 

L’INFARTO CAUSA DEPRESSIONE

E’ vero anche il contrario: dopo l’infarto un paziente su cinque manifesta depressione. Sono la paura di un nuovo episodio e i ricordi del vissuto drammatico, come quello dell’ospedalizzazione, a stendere un’ombra sul percorso riabilitativo anche quando le conseguenze fisiche riportate non sono debilitanti. «Un problema da non sottovalutare, la percentuale di incidenza non è piccola – conclude lo specialista – Sta al medico riconoscerlo e indirizzare consapevolmente il paziente: è indubbio che curare la depressione si traduca in un miglioramento della qualità di vita del paziente, e in alcuni casi può attenuarsi la percezione dei sintomi»


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