Individuati in alcuni pazienti affetti da sclerosi multipla, sarebbero in grado di controllare l’eccessiva risposta del sistema immunitario. L’importante scoperta arriva dall’Università di Siena e apre anche nuove possibilità terapeutichedaniele.
Individuati in alcuni pazienti affetti da sclerosi multipla, sarebbero in grado di controllare l’eccessiva risposta del sistema immunitario. L’importante scoperta arriva dall’Università di Siena e apre anche nuove possibilità terapeutiche
Negli ultimi due anni la sclerosi multipla si è ritagliata uno spazio sempre più ingombrante su giornali e televisioni. La ragione si chiama “metodo Zamboni”, la controversa pratica che ancora non trova d’accordo tutta la comunità scientifica. Ma mentre gli studi per verificarne la validità scientifica continuano ad andare avanti buone notizie giungono dal mondo della ricerca. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Siena ha individuato nel sangue di alcuni malati di sclerosi un anticorpo che sarebbe in grado di mantenere stabile la malattia. Una scoperta che potrebbe rivelarsi importante per lo sviluppo di nuove terapie e per la valutazione del grado di avanzamento della patologia.
LA MALATTIA- La sclerosi multipla è una malattia neurologica che causa la progressiva perdita del controllo muscolare. Ciò si verifica quando il sistema immunitario, per ragioni ancora da chiarire, produce anticorpi che distruggono la mielina, quella sostanza che isola le cellule nervose e che consente la corretta conduzione degli impulsi nervosi. Nei nervi mielinizzati la velocità è circa 100 volte maggiore di quella dei nervi non mielinizzati. Si calcola che in Italia ne soffrano circa 60 mila persone.
L’EVOLUZIONE- La particolarità di questa malattia è legata alla sua evoluzione non sempre identica da caso a caso. Alcuni malati infatti presentano sintomi lievi e costanti che possono durare per diversi anni anche senza essere sottoposti a terapia. Una caratteristica che ha indotto già diversi anni fa gli studiosi senesi ad approfondire il fenomeno.
LO STUDIO- Come dichiara professor Pasquale Annunziata, responsabile dello studio, «La scoperta è il naturale sbocco di un precedente risultato dello stesso gruppo di ricerca, che alla fine degli anni ’90 aveva individuato nel liquor cefalo-rachidiano di un sottogruppo di pazienti con sclerosi multipla un anticorpo diretto contro una proteina della mielina, associato ad un andamento benigno della malattia. Proseguendo nelle ricerche, siamo finalmente riusciti ad isolare l’anticorpo monoclonale in pazienti nei quali la sclerosi multipla era stabile da anni. Tale anticorpo è in grado di legarsi ad alcune cellule del sistema immunitario ed ha mostrato in vitro una potente attività immunosoppressiva». Un risultato importante tanto da meritare la pubblicazione, che avverrà nelle prossime settimane, sulla prestigiosa rivista Journal of Neuroimmunology.
IL FUTURO- Una scoperta che ora potrebbe avere importanti ricadute in chiave terapeutica. Lo studio infatti «dà un contributo rilevante alla comprensione di come il sistema immunitario possa controllare naturalmente un processo autoimmunitario diretto contro il sistema nervoso, aiutando a capire perché alcuni pazienti con sclerosi multipla possano per molti anni non presentare sintomi della patologia dopo il primo attacco clinico. Tale anticorpo ad attività immunosoppressiva potrebbe essere sviluppato in una forma chimica idonea ad essere utilizzata nella terapia non solo della sclerosi multipla, ma anche di altre malattie autoimmuni organo-specifiche e potrebbe essere testato nel rigetto da trapianti» spiega Annunziata. Ma mentre queste ipotesi dovranno essere ancora ben valutate, sicuramente più vicina potrebbe essere la ricaduta pratica nel campo della diagnostica: l’individuazione di questo anticorpo infatti può rappresentare un test per predire un’evoluzione benigna della malattia, attualmente possibile solo con un monitoraggio di lungo periodo.
Daniele Banfi