Molti gli studi a favore della chirurgia robotica presentati durante il Convegno europeo di urologia appena concluso. Già in uso in 60 centri italiani, questa tecnologia ha pro e contro che vanno ben soppesati
Molti gli studi a favore della chirurgia robotica presentati durante il Convegno europeo di urologia appena concluso. Già in uso in 60 centri italiani, questa tecnologia ha pro e contro che vanno ben soppesati
Cicatrici più piccole, degenze più brevi, minori possibilità di complicanze e migliori tempi di ripresa. Sono questi i vantaggi principali della chirurgia robotica per i pazienti illustrati da numerosi nuovi studi durante l’ultimo convegno della Società europea di urologia appena conclusosi a Parigi, che dimostrano un interesse crescente nell’ambito della chirurgia mini-invasiva. «La robotica propone nuove soluzioni e cerca di ridurre ulteriormente l’invasività delle procedure, portando ad un solo foro l’ingresso per tutti gli strumenti – spiega Bernardo Rocco, coordinatore della Chirurgia robotica al Policlinico di Milano e direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca e la Terapia in Urologia -. Più di mille pazienti sono stati raccolti a livello mondiale per la sperimentazione di queste tecniche single port access (cioè ad un unico foro di entrata) che presentano per il momento risultati interessanti, ma ancora da perfezionare. Altri studi hanno presentato continue estensioni delle indicazioni della chirurgia robotica, che oggi viene proposta in casi molto selezionati anche in situazioni avanzate. Nell’immediata attualità, infine, arrivano sempre più conferme per il suo uso nella cura del tumore alla prostata».
USARE IL ROBOT SOLO QUANDO HA UN SENSO - La chirurgia single port appare un ulteriore passo avanti nell’ambito mini-invasivo, anche se non sembra essere ancora in grado di offrire la medesima qualità di cura della chirurgia robotica tradizionale. Gli strumenti non sono ancora in grado di fornire quella destrezza di movimenti che ha fatto la fortuna dell’approccio robotico più tradizionale. D’altro canto, l’ampliamento delle indicazioni verso chirurgie sempre più estreme (come le neoplasie renali con trombi nella vena cava) dimostra come la robotica sia davvero in grado di rappresentare il futuro della chirurgia. «E’ però fondamentale – sottolinea Rocco - non confondere ciò che è fattibile con ciò che è sensato: ovvero, bisogna usare il robot solo quando è utile, sia per il paziente sia per l’ospedale. Vista la spesa economica che questa tecnologia comporta, bisogna orientarsi verso scelte basate sull’evidenza scientifica (come per il carcinoma prostatico) e non su applicazioni indiscriminate».
DISPONIBILE IN 60 OSPEDALI ITALIANI - Ad oggi sono circa 60 i centri italiani che hanno uno o più robot in sala operatoria: la maggior parte sono pubblici e si trovano al nord, un po’ meno al centro, pochi al sud e nelle isole. Viene usato negli ambiti più disparati: urologia, ginecologia, chirurgia cardio-toracica e gastrointestinale, pediatria e oncologia. Gli urologi lo usano soprattutto per operare prostata, reni, vescica, uretere; per la sindrome del giunto pielo ureterale (che ostacola il deflusso dell’urina) o nelle linfoadenectomie retroperitoneali per un tumore del testicolo; o ancora per gli interventi contro l’incontinenza urinaria. Nei prossimi anni, poi, si spera di poter impiegare sempre più la robotica nel distretto cervicale, per la tiroide, in otorinolaringoiatria e per le operazioni maggiori su colon, fegato, pancreas e reni.
PRO E CONTRO DELLA ROBOTICA - I vantaggi per i pazienti sono gli stessi che si possono ottenere con la chirurgia mini-invasiva: cicatrici più piccole, minori complicanze, degenze più brevi, migliori tempi di ripresa. Questo perché il robot dà al chirurgo dà una visione tridimensionale e una luce perfette e gli offre la possibilità di fare movimenti altrimenti impossibili per un essere umano, come ruotare una mano o un braccio, a 360 gradi, o di arrivare in un punto preciso senza fare contorsioni faticose. Svantaggi rispetto a un intervento chirurgico tradizionale per i malati non ce ne sono. I contro esistono per le casse dell’ospedale o del Sistema sanitario nazionale: ad oggi, quando si parla di chirurgia robotica siamo in regime di monopolio. L’unico esemplare disponibile è il Da Vinci, arrivato sul mercato a fine anni Novanta e poi aggiornato in cinque successivi modelli. Fintanto che il brevetto non scade non c’è concorrenza. «Diverse analisi – dice l’esperto – hanno però dimostrato che l’investimento (certamente molto elevato) per l’ospedale è valido se si usa il macchinario per un certo numero di interventi all’anno (non meno di 300, secondo alcune stime, ndr) con team di specialisti con un’adeguata formazione».
Vera Martinella