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Fabio Di Todaro
pubblicato il 06-04-2017

Produrre sangue artificiale? Non è più un'utopia



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Per la prima volta sono state prodotte in laboratorio cellule del sangue (globuli rossi) a partire da cellule staminali (sangue artificiale). Ma i donatori rimangono insostituibili

Produrre sangue artificiale? Non è più un'utopia

Tutti gli esperimenti condotti non erano andati a buon fine. Produrre sangue in laboratorio per far fronte al periodico calo dei donatori è una necessità su cui tutti gli specialisti sono concordi. E dopo una serie di tentativi falliti, la strada imboccata sembra essere quella giusta. A batterla sono stati alcuni ricercatori dell’Università di Bristol e del Centro Nazionale Sangue e Trapianti del Regno Unito, che hanno pubblicato i risultati del loro lavoro su Nature Communications.


Ogni donazione di sangue salva (almeno) tre persone


LA RICERCA

I ricercatori sono riusciti a generare in vitro per la prima volta una linea di cellule staminali adulte in grado di trasformarsi in reticolociti, le cellule precursori dei globuli rossi (eritrociti). Il «trucco», secondo gli autori della pubblicazione, è stato quello di bloccare le cellule staminali in uno stadio iniziale, in cui si replicano in maniera veloce e soprattutto senza andare incontro a una fase di arresto. Il successo, in realtà, non sta tanto nella riuscita dell’esperimento, quanto nella capacità di rendere il risultato duraturo nel tempo. Non a caso gli scienziati hanno parlato di linee cellulari «immortalizzate», ottenute attraverso una transfezione: attraverso un virus (un esemplare di papillomavirus inattivato) si è inserito un gene in grado di garantire maggiore longevità ai globuli rossi. Dopo 190 giorni in coltura, queste cellule sono state anche poste nel congelatore. Una volta estratte, sono risultate ancora efficienti e in grado di riprodursi nell’arco di venti ore. Dall’analisi morfologica è emerso che le cellule così ottenute erano analoghe agli eritroblasti basofili, cellule che rappresentano il secondo step dell’evoluzione da reticolociti a globuli rossi.


Perché è importante il sangue degli extracomunitari?
 

DOVE STA LA NOVITA'

Il risultato riguarda una sperimentazione pre-clinica, motivo per cui si è ancora ben lontani dal poter immaginare che anche il sangue umano possa essere creato in laboratorio e soprattutto risultare utile ai fini delle trasfusioni. Risultati simili, però, in passato non ne erano mai stati ottenuti. La ricerca, in questo campo, s’era arenata di fronte alla scarsa capacità proliferativa dei globuli rossi (le cellule alla fine erano troppo poche) o alla loro ridotta emivita. I globuli rossi finora  erano stati sintetizzati a partire da sangue adulto, sangue cordonale e cellule staminali adulte. In questo caso, invece, i due ostacoli sembrano essere stati rimossi: sia quello dell’esiguità del numero di cellule sintetizzate sia quello relativo alla loro sopravvivenza nel tempo.

QUANDO SI PUO' PARLARE
DI IPERTENSIONE?

UNA PROSPETTIVA PER I GRUPPI SANGUIGNI RARI

La notizia è stata ben accolta in Italia, seppur con la dovuta cautela. «Produrre globuli rossi efficienti in laboratorio è il sogno di tutti gli ematologi: se questi risultati dovessero essere confermati, una prima applicazione potrebbe coinvolgere i Paesi non autosufficienti oppure essere mirata ai gruppi sanguigni rari - afferma Luca Santoleri, direttore del centro trasfusionale e del servizio di immunoematologia all’ospedale San Raffaele di Milano -. In una società multietnica, come quella che si formando anche in Italia, capita sempre più spesso di non poter soddisfare le richieste di pazienti che presentano antigeni diversi da quelli a cui siamo abituati: ovvero l’AB0 e l’Rh». Una prospettiva di sicuro interesse, ma che allo stesso tempo limita il campo d’azione: non per scelta dei ricercatori, ma per le necessità di dover conciliare il progresso scientifico con gli elevati costi che una simile procedura al momento richiederebbe. I test di sicurezza sul sangue artificiale inizieranno entro la fine del 2017.


Cosa pensano gli adolescenti della donazione di sangue?


I DONATORI DI SANGUE RIMANGONO «SACRI»

L’intenzione, come ribadito da Dave Anstee, direttore del Centro Nazionale Sangue e Trapianti inglese, «non è quella di sostituire la donazione di sangue», che al momento rimane l’unica fonte di approvvigionamento. «Ma creando il sangue in laboratorio, oltre a ridurre il rischio di trasmissione di malattie infettive, si potrebbe fornire un trattamento adeguato a chi soffre di particolari malattie del sangue: come le talassemie e l’anemia falciforme». Oltre a ciò, c’è da aggiungere che un’ipotesi (donazione) non esclude l’altra (sintesi del sangue in laboratorio). «L’Italia rimane un Paese autosufficiente, ma l’età dei donatori è sempre più alta e il numero di interventi chirurgici è in costante aumento - chiosa Santoleri -. Ecco perché è giusto cercare nuove soluzioni per ampliare le risorse di sangue disponibile».


Perché donare sangue fa bene anche alla salute (propria)?


DONARE IL SANGUE E PRENDERSI CURA DEL PROPRIO CORPO

Sono 1,7 milioni i donatori di sangue in Italia. Come dimostra un’indagine condotta dall’Associazione Italiana Volontari Sangue (Avis), che quest’anno festeggia i suoi novant’anni, su oltre mille donatori, i benefici riguardano anche per la salute dei donatori. Il 13 per cento degli intervistati ha potuto usufruire di una diagnosi precoce attraverso i test sierologici e le visite specialistiche che precedono la donazione.  Mentre più di un donatore su due (il 56,8 per cento) ha affermato di aver cambiato le proprie abitudini a tavola proprio in ragione dell’appartenenza a un’associazione di volontariato, più di uno su tre (47,8 per cento) ha ridotto il consumo giornaliero o settimanale di alcolici. Di poco inferiore la quota (42,3 per cento) di adulti che ha ridotto o progressivamente eliminato il vizio del fumo e l’aumento del tempo dedicato all’attività fisica dichiarato dagli intervistati.

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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