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Daniele Banfi
pubblicato il 22-02-2020

Coronavirus: serve contenere i focolai e preparare gli ospedali



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Il coronavirus, come previsto, è arrivato in Italia. Quarantena e organizzazione delle strutture sanitarie saranno fondamentali per rallentare la diffusione

Coronavirus: serve contenere i focolai e preparare gli ospedali

Covid-19, il coronavirus, è arrivato in Italia. Ad oggi sono 17 le diagnosi confermate. Il primo caso è un 38enne di Codogno che avrebbe contratto il virus da un amico rientrato dalla Cina a fine gennaio. Paziente che avrebbe infettato a sua volta altre persone tra parenti, amici e personale sanitario. A Padova, dei due casi registrati in una coppia di anziani, si è verificato un decesso. La situazione italiana però non deve farci precipitare nel panico (i numeri, in aggiornamento di ora in ora, sono ampiamente previsti e riconducibili al caso Codogno. Questo perché sempre più persone venute in contatto stanno venendo testate per il virus. N.d.r).

«L'arrivo del virus nel nostro Paese era solo una questione di tempo. Ora -spiega Pierluigi Lopalco, professore di Igiene all'Università di Pisa- l'obiettivo è l'isolamento dei casi e il contenimento dei focolai. Ma per fare ciò è fondamentale la preparazione degli ospedali a far fronte a nuovi casi».

CONTAGI POSSIBILI IN ASSENZA DI CHIARI SINTOMI

Il caso del paziente di Codogno, a dispetto del sensazionalismo mediatico, non rappresenta un qualcosa di cui stupirsi. Nelle altre nazioni extra-Cina, dei 482 casi registrati (al 20 febbraio), 217 riguarda persone che in Cina non ci sono mai state e dunque hanno contratto il virus da chi era di ritorno. «Sempre più evidenze ci dicono anche - prosegue Lopalco - che si registra un'alta carica virale, e dunque la possibilità che avvenga il contagio, in persone senza o con pochi sintomi».

RALLENTARE LA DIFFUSIONE DEL VIRUS

Casi come quello di Codogno si sono verificati in nazioni a noi vicine come, ad esempio, Francia, Germania ed Inghilterra. «Il panico - spiega Lopalco - è ingiustificato ma questa situazione va presa sul serio. Occorre mettere in atto una serie di procedure che hanno l'obiettivo di isolare i focolai ed evitare che il contagio si estenda. La Cina, ad esempio, ha messo in atto misure senza precedenti blindando una regione di quasi 60 milioni di abitanti. Questo ha permesso di ritardare la circolazione del virus in tutto il mondo».

RICOSTRUIRE I CONTATTI E ADOTTARE L'ISOLAMENTO

Misure, quelle di contenimento, che partono dall'individuazione di tutte le persone che sono venute in contatto con le persone positive al virus. I casi positivi infatti sono relativi alle persone più gravi, tendenzialmente il 20% di chi contrae il virus. Il restante 80% va individuato ricostruendo la catena di contagio. «Alla luce di queste evidenze, in assenza di un vaccino che potrà arrivare non prima di un anno, qualunque misura di restrizione che possa limitare la circolazione del virus è ottima. Rallentare, in questo momento, può fare la differenza. Avere 100 casi in un giorno è differente da averne 100 spalmati in un mese. Indipendentemente dal tasso di letalità, è importante evitare che il nuovo coronavirus diventi endemico a livello planetario», dichiara l'esperto. Misure che, come da nota del Ministero della Salute, prevedono la permanenza domiciliare per chi rientra dalla Cina e misure di isolamento quarantenario obbligatorio per i contatti stretti con un caso risultato positivo.

PREPARARE GLI OSPEDALI

Accanto però all'obiettivo del rallentamento, molto rimane da fare sul fronte gestione dell'emergenza. Proprio perché le drastiche misure cinesi hanno permesso di prendere del tempo, gli sforzi ora dovranno concentrarsi anche nel predisporre al meglio i centri di accoglienza degli individui infettati. A questo proposito il professor Lopalco è chiarissimo: «Tutti gli ospedali d’Italia devono prepararsi a fronteggiare il il virus, non solo il Sacco e lo Spallanzani, che sono strutture perfettamente attrezzate». Preparazione che significa potenziamento dei servizi di pronto soccorso, percorsi privilegiati e aree di isolamento.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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