Non esiste un’indicazione unica per la prevenzione delle diverse neoplasie. Un moderato effetto protettivo emerge rispetto ai tumori della vescica e del colon-retto. Prudenza invece nel caso di un tumore al seno
«Le associazioni tra il consumo di latte e prodotti derivati e il rischio di sviluppare un cancro, nella maggior parte dei casi, sono state esaminate in pochi studi e i dati disponibili sono incoerenti e incompleti».
Così scriveva nel 2011 Johanna Lampe, docente di epidemiologia all’Università di Washington, in una revisione di studi pubblicata sul Journal of American College of Nutrition. Conviene partire da questo messaggio, prima di passare in rassegna le principali evidenze della letteratura scientifica.
NO AI DIVIETI INUTILI
Alcuni riscontri esistono, ma sono deboli per puntare il dito contro il latte e i suoi prodotti derivati, tra gli elementi che contraddistinguono la dieta mediterranea. Quando si parla di tumore, si intende uno spettro di oltre duecento malattie, accomunate dalla crescita incontrollata di una particolare linea cellulare.
Per il resto, ogni cancro fa storia sé. Il latte, come tutti i suoi derivati, contiene micronutrienti e composti bioattivi che possono influenzare il rischio di insorgenza (e di progressione) di un tumore. Ma quando si parla delle proprietà benefiche degli alimenti, le semplificazioni vanno evitate.
Dimostrare l’effetto di uno di essi, e non della qualità complessiva della dieta, sullo sviluppo dei tumori (considerando che gli effetti possono essere anche opposti, in base agli organi) è oggi quasi impossibile.
Gli studi condotti non sono stati sufficienti a rispondere a questa domanda. Dunque, così come cavoli, pomodori e melanzane - da soli - non fanno miracoli, un bicchiere di latte al giorno non "condanna" nessuno al cancro.
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BENEFICI PER COLON E VESCICA?
Come ricordato dalla stessa Lampe, sulla base di un’ampia revisione di studi - lo strumento al vertice della piramide delle evidenze in medicina e il più attendibile per stilare raccomandazioni rivolte alla popolazione - pubblicata su Annals of Oncology, «ci sono diverse prove che segnalano un probabile effetto protettivo del latte e dei suoi derivati rispetto al tumore del colon-retto».
Soprattutto i latticini giocherebbero un ruolo nella prevenzione della terza neoplasia (dopo quelle al polmone e al seno) più diffusa al mondo, in ragione del loro apporto di calcio, ritenuto in grado di legare i fattori infiammatori degli acidi biliari e di ridurre la proliferazione e la differenziazione cellulare. Ma in questo caso occorre tenere d’occhio anche i grassi.
Simili, seppur parziali, i riscontri riguardanti il rapporto tra il consumo di latte e il rischio di insorgenza di un tumore alla vescica. Impossibile invece abbozzare conclusioni dalle (poche) evidenze riguardanti il tumore al pancreas e quello all’ovaio.
LATTE E TUMORE ALLA PROSTATA
Quando si cerca di riconoscere alcune proprietà al latte, occorrerebbe chiedersi anche se i pregi o i difetti siano da ascrivere ai suoi zuccheri (lattosio), ai grassi, ai micronutrienti (si guarda con attenzione al fattore di crescita insulino-simile), ad alcuni microrganismi prodotti con la fermentazione (nei formaggi), se non proprio ad alcuni metaboliti (come l’acido linoleico coniugato).
Finora nessuno è riuscito a fornire una risposta soddisfacente, a riguardo. Quanto alla prostata, per esempio, una metanalisi pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition ha evidenziato un rischio più alto di sviluppare la malattia tra i consumatori di dosi maggiori di prodotti lattiero-caseari.
In questo caso «il rischio aumenterebbe in maniera proporzionale ai consumi, come conseguenza di un robusto apporto di calcio», anche se le differenti conclusioni riguardanti il consumo di latte e di altri prodotti vegetali ricchi del micronutriente suggeriscono che «la causa potrebbe non appartenere al calcio o ai grassi, bensì ad altri composti bioattivi contenuti nel latte e nei suoi derivati». Il potenziale ruolo del calcio emerge anche da una ricerca pubblicata sull’American Journal of Epidemiology, secondo cui il consumo di più di due grammi al giorno - in cento grammi di latte ci sono 120 milligrammi di calcio - risulterebbe correlato a un aumento del rischio di sviluppare un tumore alla prostata.
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LATTE E TUMORE AL SENO
Si sa che una dieta squilibrata è alla base di circa un terzo dei tumori. Inevitabile, dunque, che la comunità scientifica si ponesse alcune domande circa le possibili relazioni tra i consumi di latte e il tumore al seno, il più diffuso tra le donne: 48.200 le nuove diagnosi effettuate in Italia nell’ultimo anno. Le evidenze finora raccolte sono controverse.
Già nel 2004 sull’American Journal of Clinical Nutrition si escludeva un potenziale cancerogeno dei prodotti a base di latte. Tre anni dopo, attraverso le colonne del Journal of the American Medical Association, è stato possibile riconoscere un moderato effetto protettivo giocato dal calcio e dalla vitamina D nelle donne di età superiore ai 45 anni (prossime alla menopausa). Al momento, dunque, appare molto improbabile che il consumo in dosi adeguate di latte e latticini possa condizionare la comparsa della malattia. Prudenza è invece raccomandata con i derivati del latte ricchi in grassi alle donne già colpite da un tumore al seno.
Uno studio pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute ha infatti evidenziato un rischio più alto di incorrere in una recidiva, tra le consumatrici più assidue. La causa andrebbe riconosciuta negli elevati livelli di estrogeni che si misurano nel grasso animale. «Il consumo dell’alimento ricco di ormoni accresce la penetranza dei geni Brca, oncosoppressori che risultano mutati nel carcinoma della mammella. Inoltre il latte aumenta i fattori di crescita nel sangue: diversi studi hanno dimostrato che l’IGF-1 risulta più alto nelle donne ammalate», sostiene Franco Berrino, epidemiologo e consulente scientifico dell’Istituto nazionale tumori di Milano.
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PRUDENZA CON IL CALCIO
Eliminare latte e latticini dalla dieta non è necessario, se il consumo è moderato e non si è intolleranti al lattosio. Le linee guida italiane, in accordo con quelle internazionali, consigliano un consumo di latte e yogurt nella popolazione adulta di 2-3 porzioni al giorno: pari a 250-375 millilitri (poco meno di due tazze). A queste vanno aggiunte tre porzioni settimanali di formaggio: da 50 o 100 grammi, a seconda che sia stagionato o fresco.
I prodotti scremati sono indicati per chi è abituato a eccedere o segue diete ipocaloriche. È importante l’apporto di calcio, che però si ottiene non solo dal latte anche alle fonti vegetali come i cavoli, le verdure a foglia verde, i semi di soia, il tofu, le noci e le mandorle, dalle sardine e dall’acqua.
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Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).