L'improvviso aumento del volume cerebrale dell'uomo, due milioni di anni fa, forse legato alle proteine animali e la cottura dei cibi
Dal 18 al 20 settembre, a Venezia, si tiene la decima edizione della Conferenza Mondiale The Future of Science, organizzata da Fondazione Umberto Veronesi, Fondazione Silvio Tronchetti Provera e Fondazione Giorgio Cini.
Il tema di quest'anno è "The eradication of hunger - Eradicare la fame"
Articoli, video, approfondimenti
L'uomo si è separato dalle scimmie circa 6 milioni di anni fa, ma il suo cervello ha cominciato ad acquistare volume soltanto nell'ultimo terzo. Improvvisamente dicono gli studiosi, una subitaneità che va intesa sulla lentezza e vastità dei tempi considerati. Così il genere Homo viene datato a 2,4 milioni di anni fa.
Encefalizzazione viene chiamato questo processo. Che cosa lo ha messo in moto? La vera risposta è: mistero. Vi sono però delle ipotesi e una Telmo Pievani, biologo evoluzionista, l'ha riassunta alla Conferenza di Venezia contro la fame con questa formula: «L'uomo ha trasformato il cibo e il cibo ha trasformato l'uomo. Un fenomeno di co-evoluzione». Influenza parallela e reciproca.
L'immagine di prodi progenitori che armati di bastoni andavano spericolatamente a caccia di animali viene distrutta. Per la lunghezza di circa 4 milioni d'anni l'omuncolo inerme si sarebbe cibato più che altro di vegetali, frutti radici piante colti qua e là.
GOLOSI DI MIDOLLO
L'avvicinamento alla carne non ha avuto inizi eroici. «I nostri progenitori facevano come le iene, gli avvoltoi e gli altri disprezzati animali spazzini: si accontentavano dei resti lasciati attorno alla loro vittima dai grandi predatori».
Ma intanto il proto-uomo progredisce, riesce a rendere aguzze le pietre e così da quei resti comincia a trarre un preziosissimo alimento: spacca le ossa e succhia il midollo e il cervello delle prede morte, sostanze ad altissimo apporto calorico, cosa necessaria per lo sviluppo del cervello. «Il cervello è molto esigente», spiega Pievani nel suo trascinante viaggio all'alba dei tempi, «consuma il 20 per cento delle calorie che introiettiamo».
CARNE E FUOCO
Intanto comincia anche la caccia eroica a prede animali vive come nel nostro immaginario. Ormai l'uomo è armato: lance e pugnali di pietra con cui arriva a procurarsi molta più carne che in passato. Accanto a questo elemento, ecco l'impiego del fuoco per cuocere: la cottura dei cibi sarebbe il secondo elemento dell'evoluzione alimentare che arricchisce e fa evolvere il cervello degli uomini primitivi. Tuberi e piante e frutti come pure la carne diventano più digeribili e più nutrienti se cotti. Da tutto questo ecco l'improvvisa encefalizzazione degli antenati cavernicoli.
Allora il fuoco impiegato era probabilmente quello trovato casualmente, usato per cuocere anche 1,8 milioni di anni fa benché datazioni certe del fuoco addomesticato vertano attorno a 450 mila anni fa.
LE PIANTE DI NEANDERTHAL
Ci sono poi scoperte recenti che mutano altre nostre certezze. Per esempio che i nostri antenati avessero imparato a usare e distinguere le piante solo con l'?avvento dell'agricoltura, 12 mila anni fa. «Invece due anni fa, nel sito archeologico di El Sidròn in Spagna», spiega il professor Pievani, che ricopre la prima cattedra italiana di Filosofia delle Scienze biologiche all?Università di Padova ,«alcuni paleoantropologi hanno scoperto che anche l'Uomo di Neanderthal, nostro parente prossimo estintosi in Europa 28 mila anni fa, era capace di scegliere le piante, per nutrimento e per automedicazione. Sapevano quali foglie disinfettavano la bocca, quali diminuivano il dolore, quali calmavano. Del resto anche gli scimpanzé distinguono certe foglie: la malva disinfetta la bocca e loro la cercano per aver sollievo se fa male».
LE PRIME MACINE
C'è poi stato il rinvenimento in tre località europee (in Russia, in Moravia, a Bilancino del Mugello) di resti di macine e di pestelli con tracce di farina ricavata dai rizomi della tifa, una sorta di canna che cresce ai margini dei laghi. «Già 30 mila anni fa, dunque, l'uomo conosceva la farina e delle forme di gallette, se così possiamo dire», conclude Pievani. Prima cioè di divenire davvero agricoltore.
Luci nuove, dunque, continuano ad accendersi qua e là, per ritrovamenti casuali e scavi, a muovere il teatro oscuro dei primi tempi e a rischiarare l'affascinante film della nostra evoluzione.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.