Una ricerca italiana smentisce: neppure i grani antichi, che molti credono meno tossici, possono entrare nella dieta dei celiaci
Indipendentemente dalle sue caratteristiche, che sia antico o moderno, il frumento è un alimento «vietato» per i celiaci. È dunque una «bufala» quella che vorrebbe i grani d'antan, i grani antichi, meno tossici rispetto a quelli dei giorni nostri per chi soffre di celiachia. Anzi. I cereali più datati - un insieme di varietà come Tumminia, Saragolla, Biancolilla, Senatore Cappelli, Maiorca, Russello, Ardito e Perciasacchi, che alla vista si presentano con un fusto più alto rispetto a quelli moderni - hanno un contenuto di proteine e glutine maggiore. Come tali, pertanto, rilasciano una maggiore quantità di frammenti proteici coinvolti nei meccanismi di innesco della celiachia. Da qui la conferma che una dieta priva di glutine è l'unica terapia validata per la malattia, di origine autoimmune e a carattere infiammatorio.
GRANI ANTICHI BOCCIATI PER I CELIACI
La conferma giunge da una ricerca firmata dal gruppo di ricerca in cerealicoltura e colture industriali del Crea di Foggia, assieme alle università di Modena e Reggio Emilia e di Parma, pubblicata sulla rivista Food Research International. Gli autori hanno confrontato nove grani antichi con tre varietà moderne di frumento. I campioni sono stati coltivati e raccolti nelle stesse condizioni sperimentali di campo, per poi essere macinati. Lo sfarinato così ottenuto è stato poi sottoposto alla digestione in vitro, mentre i peptidi derivati sono stati analizzati in laboratorio. Il presupposto rimane lo stesso: nessun celiaco può assumere prodotti derivanti da grano, segale, farro, orzo e avena. Ma dallo studio è emerso che i grani antichi - nel recente passato più volte indicati come meno «tossici» per i celiaci - sono caratterizzati da una maggiore componente proteica e rilasciano una maggiore quantità di peptidi scatenanti la celiachia rispetto ai moderni. Motivo per cui anch’essi devono essere esclusi dalla dieta dei celiaci.
QUAL E' IL RUOLO DEI CEREALI
INTEGRALI NELLA DIETA?
AMIDO: IL CONTENUTO NON CAMBIA
In aggiunta, nessuna differenza sostanziale è stata riscontrata per quanto riguarda il contenuto di amido resistente dopo la cottura della pasta. Non è dunque possibile confermare un potenziale effetto prebiotico maggiore da parte dei grani antichi. «Le conclusioni del lavoro, nonostante sia stato condotto su un numero limitato di genotipi di frumento, rappresentano un importante contributo di conoscenza su un argomento molto dibattuto - afferma Donatella Ficco, ricercatore del Crea di Foggia e prima firma della pubblicazione -. Il consumatore fa fatica a distinguere la moda dalla scienza e spesso la disinformazione regna sovrana. I risultati di questo studio, però, parlano chiaro: i celiaci devono tenere a distanza anche i prodotti realizzati a partire dai cosiddetti grani antichi».
IL PASSAGGIO TRA ANTICO E MODERNO
A dispetto di quanto si sente spesso dire, dunque, l’incremento dei casi di celiachia non sembrerebbe una conseguenza del miglioramento genetico del frumento condotto nel secolo scorso. Nel passato, si è cercato di ridurre l'altezza delle piante per aumentare la resa. Se un tempo i frumenti arrivavano a oltre due metri di altezza e al primo temporale si piegavano, determinando una perdita di raccolto, oggi sono molto più bassi e produttivi. È tutta qui la differenza tra i grani antichi e moderni.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).