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Pediatria
Daniele Banfi
pubblicato il 12-09-2011

Siamesi: separare non è sempre possibile



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Il fenomeno delle nascite siamesi è un evento rarissimo. L'intervento chirurgico non sempre è la soluzione migliore. Lo specialista neonatologo Bagolan: intervenire solo quando non sussistono gravi rischi per i neonati

Siamesi: separare non è sempre possibile

Un fenomeno tanto raro quanto ancora inspiegabile. E' il caso delle nascite siamesi, fratelli dello stesso sesso che vengono alla luce attaccati tra loro per una parte del corpo. Spesso condividono anche gli organi interni, come cuore e fegato. Questo è il caso delle gemelline nate alcune settimane fa all'ospedale bolognese Sant’Orsola-Malpighi. Per comprendere perchè avviene ciò e cosa è possibile fare abbiamo intervistato il dottor Pietro Bagolan, Direttore del Dipartimento di Neonatologia medica e chrurgica dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

CASI RARI- “I parti gemellari siamesi sono eventi estremamente rari, dice l’esperto, «si verificano in un caso ogni 200 mila parti. Ciò significa che in Italia si possono contare uno o al massimo due nascite di gemelli siamesi ogni anno». Proprio per la rarità i ricercatori sono affannosamente al lavoro per cercare di comprendere quali siano i meccanismi che stanno alla base di questo fenomeno. Nonostante gli sforzi però la risposta è ancora lontana a venire. «Esistono due ipotesi per ora al vaglio degli studiosi. Nella prima -spiega Bagolan- si sostiene che il disco embrionale, una particolare struttura dell'embrione in fase di sviluppo, non riesca a scindersi. Nella seconda, in contrapposizione alla prima, si pensa che il disco si fonda a formare un'unica struttura. Detto ciò è importante ricordare che le cause di questo alterato meccanismo sono tutt'ora sconosciute».

LE FORME- Quando si parla di gemelli siamesi bisogna fare delle opportune distinzioni a seconda della parte di corpo condivisa. «Le forme più comuni -spiega Bagolan- sono quelle in cui i due neonati sono attaccati per il torace e l'addome, come il caso delle gemelline di Bologna. Esistono poi altre forme come il caso in cui viene condivisa la stessa spina dorsale oppure il cranio». Proprio questi ultimi rappresentano la rarità delle rarità. Tra tutti i parti gemellari siamesi solamente il 2% è di questo tipo. Particolarmente famoso è il caso delle gemelle canadesi Krista e Tatiana Hogan, unite per la testa e con una parte di materia cerebrale in comune tanto da essere studiate per la loro “coscienza” condivisa.

COSA FARE?- Purtroppo, per via della rarità dei casi, ogni intervento di separazione deve essere attentamente valutato poiché rappresenta un evento unico. «L'intervento chirurgico -spiega Bagolan- è sconsigliato ad eccezione di quei casi urgenti in cui c'è in pericolo la vita di entrambi i neonati. Escludendo queste situazioni la migliore strada da seguire è quella di stabilizzare i gemelli, farli crescere e, quando è possibile, separarli. Ciò può avvenire solo quando l'intervento non comporta danni ai due piccoli». Purtroppo però la chirurgia non ha fornito ancora risultati soddisfacenti. A dimostrarlo sono i dati della più ampia casistica in materia del professor Lewis Spitz del Great Ormond Street Hospital for Children di Londra. Delle 24 coppie di gemelli osservate nell'istituto londinese solo il 10% è stata ritenuta idonea alla separazione. Non solo, delle tre coppie che invece necessitavano di un intervento d'urgenza solo un gemello è sopravvissuto.

ESPERIENZA PERSONALE- Il caso delle gemelline di Bologna non è una novità nel panorama italiano. Un caso analogo si verificò nell'ottobre del 2001. Purtroppo però le gemelle, dopo l'operazione, non riuscirono a sopravvivere. «Durante la mia carriera mi è capitato un solo caso di parto gemellare siamese. La coppia era unita per l'addome e dovemmo operarla d'urgenza per via di alcune complicazioni a livello cardiocircolatorio. Un intervento necessario che però costò purtroppo la vita a uno dei due gemelli».

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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