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Pediatria
Serena Zoli
pubblicato il 09-02-2020

Mancini si diventa mentre si forma il cervello



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In 1 caso su 4, l'attitudine a diventare mancini è scritta nel Dna in alcune porzioni del genoma coinvolte anche nello sviluppo del linguaggio

Mancini si diventa mentre si forma il cervello

I mancini sono sempre stati considerati «sbagliati», quando non colpevoli. Tra i più attempati, c’è ancora chi ricorda: «A scuola mi legavano la mano sinistra dietro la schiena per costringermi a usare la destra». Oggi che i costumi si sono liberalizzati anche su questo fronte, può perfino stupire la quantità di giovani e meno giovani che scrivono con la sinistra. Una scelta o un «obbligo» biologico? Alcuni ricercatori dell’Università di Oxford (Gran Bretagna) si sono dedicati a questo tema e hanno identificato alcune aree del genoma associate con il «mancinismo» nella popolazione generale e trovando legami tra queste differenze genetiche con regioni del cervello collegate al linguaggio. Il loro studio è stato pubblicato sulla rivista Brain.

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LA RICERCA SUI GEMELLI

Un'indagine condotta sui gemelli aveva già svelato l'influenza dei geni nel determinare l'abitudine a utilizzare prevalentemente la mano sinistra. In 1 caso su 4, infatti, essere mancini dipende dalle informazioni riportate nel Dna. Quello che non si sapeva - e che è stato svelato adesso - è quali fossero i geni coinvolti in questo processo. Attingendo alle informazioni riportate nel database della Uk Biobank, gli scienziati di Oxford hanno esaminato i genomi di circa 400mila persone, tra le quali 38.332 mancini. Delle quattro porzioni di Dna individuate come possibili responsabili dell'attitudine a diventare mancini, tre sono risultate coinvolte anche nello sviluppo e nella maturazione del cervello (in particolare del citoscheletro, che guida la costruzione e il funzionamento delle cellule del corpo).


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VANTAGGIO PER LAVORI LETTERARI?

La successiva analisi delle informazioni tratte dalle risonanze magnetiche effettuate su diecimila dei partecipanti allo studio ha permesso inoltre di riscontrare un legame con le aree cerebrali deputate al linguaggio. «Abbiamo scoperto che nei mancini le zone del linguaggio delle due parti destra e sinistra del cervello comunicano tra di loro in modo più coordinato - ha spiegato Akira Wiberg, ricercatrice dell'università di Oxford e prima firma della pubblicazione -. Questo fatto solleva l’intrigante possibilità, da esplorare in future ricerche, che quanti prediligono la mano sinistra possano avere un vantaggio per quanto concerne attività legate alla lingua. Occorre però tener presente che queste differenze sono emerse come medie in un gran numero di persone. Ciò vuol dire che anche tutti i mancini, tra di loro, potrebbero non condividere le stesse caratteristiche».


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Anche molti animali conoscono le asimmetrie destra-sinistra nel loro sviluppo. Nel lavoro, viene citato l’esempio delle lumache: l’avvolgimento del loro guscio può avvenire verso destra o verso sinistra. Restando sulle differenze lievi segnalate nell’analisi, risulterebbe un rischio leggermente minore per i mancini di sviluppare il Parkinson, controbilanciato però da a una lievemente maggiore tendenza alla schizofrenia. Occorre precisare che si tratta di corrispondenze non rimarchevoli e non legate da un rapporto causalità diretta. Tuttavia, anche questi risultati possono comunque essere impiegati nel difficile compito di trovare le cause di malattie tanto gravi.

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LE PAROLE CHE CONDANNANO

Concludono i ricercatori inglesi notando come i pregiudizi si siano fossilizzati nel linguaggio: per esempio in inglese «right» oltre che destra, significa corretto, giusto; in francese «gauche» significa sinistra ma anche goffo, maldestro. «Qui abbiamo dimostrato che l’essere mancini è una conseguenza dello sviluppo biologico del cervello, in parte alimentato da un complesso gioco tra molti geni. È parte del ricco arazzo che ci rende umani».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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