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Pediatria
Fabio Di Todaro
pubblicato il 16-01-2015

Nel respiro un segnale delle complicanze del diabete



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Diabete: la chetoacidosi potrebbe essere rilevata nell’espirato attraverso nuovo test in grado di evitare il prelievo di sangue nei bambini

Nel respiro un segnale delle complicanze del diabete

Non si potrà diagnosticare il diabete di tipo I attraverso un test del respiro, come accade da anni per scovare l’intolleranza al lattosio o un’infezione da helicobacter pylori in corso. Ma valutare attraverso l’esalato l’andamento della sua più grave complicanza, la chetoacidosi diabetica, potrebbe diventare un’ipotesi concreta e sopratutto utile per i più piccoli, così da poter evitare il ricorso al prelievo di sangue.

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CHETOACIDOSI

Che il respiro emesso dai pazienti diabetici abbia un odore dolciastro è noto ormai da due secoli. La causa è da ricercare nel riscontro nel sangue di questi pazienti - e dunque nell’espirato, che si forma nei polmoni a seguito degli scambi gassosi tra il sangue e l’atmosfera - dei corpi chetonici e, in particolare, dell’acetone. La loro presenza è una “spia” della più grave complicanza della malattia. Questi composti altro non sono che un prodotto del metabolismo dei grassi, a cui le cellule attingono - per mantenere l’attività cerebrale - nel momento in cui non sono in grado di utilizzare il glucosio come fonte energetica. Una presenza eccessiva di corpi chetonici può indurre il paziente in uno stato comatoso, determinato dalla comparsa di vomito, disidratazione, poliuria (frequente bisogno di urinare), ipotensione e aritmie.

 

LA SCOPERTA

Confrontando le concentrazioni di questi composti tratte dall’espirato di 113 bambini e adolescenti (7-18 anni) diabetici con quelle rilevate nel sangue, i ricercatori di Oxford, autori di uno studio pubblicato sul Journal of Breath Research, hanno individuato un’omogeneità del dato relativamente ai livelli di acetone (nell’aria espirata) e di beta-idrossibutirrato (nel sangue): due delle tre forme di corpi chetonici note. Nessuna correlazione diretta è emersa dal confronto tra i livelli di acetone e quelli di glucosio nel sangue circolante. Da qui l’ipotesi di poter utilizzare le misurazioni di acetone nell’aria espirata come “marker” per stimare la concentrazione dei corpi chetonici nel sangue.

 

QUALE PROSPETTIVA?

Si potrà, un giorno, monitorare il decorso di una chetoacidosi diabetica attraverso un semplice test del respiro? «Questa è la prospettiva più interessante tracciata dallo studio - dichiara Giuseppe Castaldo, docente di medicina di laboratorio all’Università Federico II di Napoli -. L’utilità riguarderebbe soprattutto i bambini diabetici che faticano a sottoporsi costantemente ai prelievi di sangue». Meno probabile è che in questo modo si arrivi a una diagnosi di chetoacidosi diabetica. «Quando il paziente giunge in pronto soccorso, si cerca subito una vena per rilevare la glicemia e il pH del sangue». Il prelievo, a quel punto, è inevitabile.

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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