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Pediatria
Fabio Di Todaro
pubblicato il 05-05-2015

Malaria, il primo vaccino è davvero alle porte?



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Uno studio su The Lancet evidenzia una riduzione dei contagi del 30% nei Paesi dell’Africa Subsahariana. Dimezzata la mortalità infantile dall’inizio del secolo, ma la malattia uccide ancora 1.300 bambini ogni giorno

Malaria, il primo vaccino è davvero alle porte?

Chi ne ha testato l’efficacia si è sbilanciato. «Se l’Ema dovesse dare parere favorevole, il vaccino contro la malaria potrebbe essere disponibile nel mese di ottobre», ha affermato Brian Greenwood, docente alla scuola di igiene e medicina tropicale dell’Università di Londra. Protagonista dell’affermazione è l’RTS,S/AS01, primo antidoto ad aver raggiunto la fase 3 della sperimentazione clinica, in cui l’efficacia è testata in un ampio gruppo di pazienti. I risultati dell’indagine, condotta su oltre quindicimila bambini dell’Africa subsahariana, sono stati pubblicati su The Lancet. L’antidoto, somministrato in tre dosi e con un richiamo, si è rivelato efficace per più di tre anni.

 

 

IL PROGRAMMA DELLA VACCINAZIONE

In realtà, rispetto all’affermazione forte di Greenwood, di strada da fare ce n’è ancora. Se è vero che l’RTS,S/AS01 si candida a diventare il primo vaccino contro la malattia che ogni anno nel mondo uccide quasi seicentomila persone (l’80% dei quali bambini con meno di cinque anni), è anche necessario dire che l’immunizzazione si è rivelata efficace in circa il 30% dei bambini, con la prima dose era somministrata tra il quinto e il diciassettesimo mese di vita del neonato.

L’obiettivo del 97% di tassi di successo del morbillo è dunque abbastanza lontano, ma intanto si tratta di un primo passo compiuto verso l’opportunità di debellare una malattia «più articolata, perché il parassita che causa la malaria ha un complicato ciclo di vita e ha negli anni imparato a eludere il controllo del sistema immunitario», ha proseguito Greenwood. Nel corso dello studio s’è visto come, dopo le tre dosi, la somministrazione di un richiamo al ventesimo mese abbia quasi raddoppiato l’effetto del vaccino. Così, in oltre tre anni di follow-up, sono stati evitati 558 casi di contagio su mille bambini vaccinati e 983 in chi ha ricevuto anche una dose di richiamo.  

 

A RISCHIO BAMBINI E DONNE INCINTE

Il vaccino è stato sperimentato in uno studio multicentrico che ha coinvolto 11 siti, tra Burkina Faso, Gabon, Ghana, Kenya, Malawi, Mozambico e Tanzania. La scelta dei luoghi non è stata casuale. Nonostante i tassi di mortalità per colpa della malaria tra i bambini siano calati del 58% rispetto all’inizio del secolo, nell’Africa sub-sahariana, come riporta anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la malaria uccide ancora circa 1300 bambini ogni giorno. Altri pazienti sensibili sono le donne incinte. Fatta questa premessa, è più chiaro perché anche una riduzione del 30% dei casi di contagio sia una notizia da leggere comunque con ottimismo. 

Resta da capire perché nei bambini trattati con l’ RTS,S/AS01 fosse più frequente la comparsa della meningite, segnalata - assieme ad alcuni episodi di convulsioni - come il principale effetto avverso provocato dal vaccino. Secondo Jean Marie Okwo-Bele, responsabile dei programmi di coordinamento e gestione delle attività di immunizzazione dell’Oms, «il trattamento potrebbe essere efficace se adottato in combinazione con l’uso di medicinali come l’artemisinina, la somministrazione di test per la diagnosi precoce e l’utilizzo di reti insetticide».

 

CONTROMOSSE AMBIENTALI

Sono ancora in molti infatti gli infettivologi convinti che più che l’introduzione di nuovi farmaci o di un vaccino, per contenere i danni causati dal parassita plasmodio, veicolato attraverso la puntura delle zanzare Anopheles, siano altri i trattamenti attuabili fin da subito. «Un intervento di bonifica ambientale è molto più efficace di qualsiasi rimedio terapeutico da applicare alla persona», afferma Giuliano Rizzardini, responsabile della prima divisione di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano. Con questi, per esempio, si sarebbe evitato il surplus di 10900 morti registrato l’anno scorso nei tre Paesi - Guinea, Sierra Leone e Liberia - colpiti dall’epidemia di ebola.


@fabioditodaro

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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