Il 30 gennaio si celebra il World Neglected Tropical Diseases Day. Parlarne è importante perché queste patologie, anche se sembrano lontane, riguardano tutti
Un insieme piuttosto eterogeneo di malattie dimenticate che colpiscono circa un miliardo e settecento milioni di persone e causano oltre mezzo milione di morti l’anno, soprattutto nelle aree più povere del Pianeta. Sono una ventina le patologie protagoniste della Giornata Mondiale denominata, non a caso, delle malattie tropicali neglette che si celebra oggi, 30 gennaio. «Malattie dimenticate di coloro che sono per antonomasia “i dimenticati”, ossia popolazioni che vivono in situazioni difficili dal punto di vista economico e sanitario e abitano, per lo più, in Paesi in via di sviluppo- spiega Spinello Antinori, Professore Ordinario di Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Milano e Direttore UOC, Clinica di Malattie Infettive, ASST Fatebenefratelli Sacco- si tratta di patologie, perlopiù di natura infettiva, causate da virus, batteri, funghi, elminti e protozoi. Malattie con modalità di trasmissione e caratteristiche cliniche molto diverse, che hanno però in comune il fatto di colpire le persone più marginalizzate inducendo pertanto uno scarso interesse dal punto di vista degli investimenti economici per combatterle. Le ricerche scientifiche difficilmente, infatti, possono essere portate avanti a causa della mancanza di fondi e sono quindi ferme a decenni fa, con tutte la conseguenze del caso. I farmaci, quando disponibili, sono vecchi, talora poco efficaci e, talvolta, gravati da significativi effetti tossici».
PERCHÈ E’ IMPORTANTE PARLARNE?
«Vi sono ovvi motivi umanitari -prosegue Antinori- perché una fetta molto consistente dell’Umanità lotta quotidianamente contro queste malattie e il loro impatto è nell’insieme devastante e paragonabile a quello dei tre “Big Killers” dei paesi più poveri (Tubercolosi, Malaria, AIDS), Inoltre, alcune di queste patologie, come per esempio la leishmaniosi (malattia infettiva di origine parassitaria, ndr.) ed la echinococcosi (malattia infettiva parassitaria causata dalle larve di varie specie di elminti, ndr.) sono da sempre presenti nel nostro Paese e altre (Malattia di Chagas) sono state introdotte di recente. La mobilità di persone, cibi, insetti e animali, l’aumento dei viaggi, in aree più o meno remote del Mondo, determinano l’acuirsi di un rischio che si è già reso evidente e che sarà destinato ad aumentare anche a causa del cambiamento climatico. L’aumento delle temperature può determinare, infatti, un maggiore rischio della presenza di vettori (spesso zanzare) in grado di trasmettere malattie di importazione, cioè patologie che giungono a noi attraverso lo spostamento di una persona infetta».
QUALCHE ESEMPIO CONCRETO
«Un esempio è quello della Dengue di cui si è verificato un cluster autoctono nel mese di agosto del 2020 nel territorio vicentino -prosegue Federico Gobbi, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS Negrar (Veneto) e Professore Associato di Malattie Infettive presso l’Università di Brescia-. La Dengue è una malattia conosciuta da oltre due secoli, particolarmente presente diffusa, durante e dopo la stagione delle piogge, nelle zone tropicali e subtropicali di Africa, Sudest asiatico e Cina, India, Medioriente, America latina e centrale, Australia e diverse zone del Pacifico. E’ una malattia che ha bisogno di un vettore per passare da una persona all’altra, cioè la puntura di zanzare che hanno, a loro volta, punto una persona infetta. Non si ha quindi contagio diretto tra esseri umani, anche se l’uomo è il principale ospite del virus. Il virus circola nel sangue della persona infetta per 2-7 giorni, e in questo periodo la zanzara può prelevarlo e trasmetterlo ad altri. Negli ultimi decenni, la diffusione della dengue è aumentata in molte regioni tropicali. Nei paesi dell’emisfero nord, in particolare in Europa, si manifesta soprattutto come malattia di importazione. Nell’emisfero occidentale il vettore principale è la zanzara Aedes aegypti, anche se si sono registrati casi trasmessi da Aedes albopictus. Questo esempio ci dimostra quanto sia importante la “Medicina dei Viaggi” e quanto la salute e la malattia oggi siano da considerare fenomeni globali: una patologia presente in una parte del mondo può rapidamente “viaggiare” e raggiungere qualsiasi altro luogo».
LA ROAD-MAP DELL'OMS
Anche per questo l’OMS nella sua “roadmap” 2021-2030 prevede la riduzione del 90% del numero di persone che necessitano di interventi per le malattie tropicali neglette e del 75% della disabilità indotta da queste malattie, che è spesso grave, oltre che l’eliminazione di almeno due delle 20 patologie dimenticate, dracunculiasi (parassitosi sottocutanea che viene trasmessa tramite l’assunzione di acqua contaminata da copepodi, piccoli crostacei) e framboesia (malattia che si trasmette per diretto contato con una persona infetta e determina inizialmente la formazione di un pomo tondeggiante purulento). Un’altra malattia al centro dell’interesse del Gruppo Tecnico OMS è quella di Chagas, nota anche come tripanosomiasi americana. E’ una malattia infettiva, causata da un parassita (Trypanosoma cruzi) trasmesso all'uomo dalla puntura di una cimice che vive principalmente in alcune zone rurali di Messico, Sud America e America Centrale. Uccide, secondo l’OMS, ogni anno 12.000 persone nel mondo, contagiandone dai 6 ai 7 milioni e si trasmette anche per via materno-infantile e tramite trasfusioni di sangue. La malattia di Chagas in Centro America uccide più della malaria, ma non può essere considerata un pericolo lontano perché può arrivare ovunque attraverso i viaggi internazionali.
DUNQUE CHE FARE?
«Sensibilizzare l’opinione pubblica, i decisori politici e il personale medico -spiega Antinori- che spesso non è adeguatamente informato circa le caratteristiche e la sintomatologia della malattie tropicali, soprattutto se neglette. A questo proposito è nato l’Italian Network (IN) for Neglected Tropical Diseases, un’alleanza che raggruppa Società Scientifiche, Università, fondazioni e organizzazioni non-profit. con lo scopo di sensibilizzare la conoscenza e la ricerca in questo ambito. L’obiettivo quello di rendere più tempestive le diagnosi e migliorare le possibilità di cura, diminuendo così il pericolo di diffusione». «Un altro aspetto da non tralasciare afferma Gobbi- «è quello di creare, nell’ambito della formazione universitaria, una specialità della Salute Globale, i cui esperti possano misurarsi con le sfide di un mondo sempre più globalizzato che può dunque andare facilmente incontro al rischio di Epidemie e Pandemie».
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Paola Scaccabarozzi
Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.