Un bilancio: l'oncologia pediatrica in Italia ha retto l'urto del Covid-19, ma si teme l'effetto delle diagnosi in ritardo, specie fra gli adolescenti
Oggi gli occhi sono puntati su di loro, sui bambini che stanno affrontando un cancro. Il 15 febbraio è la giornata internazionale dedicata ai tumori dell’età pediatrica (International Childhood Cancer Day) e quest’anno la campagna vuole promuovere un impegno congiunto (lo slogan è #nelletuemani) per migliorare le opportunità di cura per tutti i giovanissimi pazienti.
LA GIORNATA 2022
Arcangelo Prete, presidente AIEOP, ha dichiarato: «Come ricorda il tema scelto per la Giornata Internazionale 2022, sono indispensabili le diagnosi precoci e l'accesso alle terapie più idonee presso centri con gruppi multidisciplinari e specializzati per fornire a bimbi e adolescenti, e ai loro familiari, tutto ciò di cui hanno bisogno». Impossibile non domandarsi oggi, dopo due anni di pandemia, cosa si è riusciti a fare per bambini che si sono trovati a vivere l’esperienza della malattia insieme all’emergenza del Covid-19.
L’IMPATTO DELLA PANDEMIA NEI REPARTI DI ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA
Chiediamo un aiuto a Franca Fagioli, direttrice del reparto di Oncoematologia pediatrica e Centro trapianti dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, membro del Comitato Scientifico di Fondazione Umberto Veronesi. AIEOP (Associazione italiana di Ematologia e Oncologia pediatrica) ha raccolto dei dati preliminari a livello nazionale sulla seconda e terza ondata pandemica. «In 24 Centri AIEOP – spiega la professoressa Fagioli - si sono registrati 151 casi di SARS-CoV-2 in bambini con un’età mediana di 7 anni. Nel 66 per cento dei casi i pazienti sono risultati asintomatici mentre nel 34 per cento hanno presentato sintomi come febbre, disturbi gastrointestinali, tosse, polmonite, desaturazione, più raramente ipotensione e sindrome infiammatoria sistemica». In circa un caso su tre si è resa necessaria l’ospedalizzazione ma solo il 7 per cento ha necessitato di supporto ventilatorio ed il 3 per cento di ricovero in terapia intensiva. Nel 57% dei casi è stata sospesa la chemioterapia per un tempo mediano di 15 giorni (range: 1-44 giorni). Non è stato registrato nessun decesso. «I dati della casistica italiana sono risultati più rassicuranti rispetto a quelli internazionali che mostrano nella medesima tipologia di pazienti la necessità di ospedalizzazione nel 47-67 per cento, il ricorso alla terapia intensiva nel 9-10 per cento ed una mortalità del 4-5 per cento».
L’ORGANIZZAZIONE DEI REPARTI
È una differenza notevole. Da dove arriva questo risultato? «Sicuramente anche dalla rapidissima e complessa riorganizzazione dei vari reparti e servizi di tutti i centri, al fine sia di prevenire la diffusione del contagio all’interno degli ospedali e tra i pazienti, sia di garantire il tempestivo accesso ai percorsi diagnostici e terapeutici per i nuovi pazienti ed il normale proseguimento del trattamento per i soggetti già in terapia. Tale riorganizzazione, visto il perdurare della pandemia, continua ad essere necessaria». Come in altri comparti sanitari, la vita nei reparti di oncologia pediatrica ha subito un impatto importantissimo a causa della pandemia. Rigorose misure igieniche, dispositivi di protezione, percorsi separati per i pazienti con infezione da Sars-CoV-2 anche solo sospetta. Prima di cure come la chemioterapia o il trapianto di cellule staminali emopoietiche i pazienti sono stati sottoposti a tampone di screening, e dopo si è fatto ricorso alla telemedicina per le visite di follow-up. Ma si sono dovuti limitare fortemente gli accessi di genitori e accompagnatori, ma anche degli insegnanti e dei volontari che permettono ai ragazzi di fare attività educative e ricreative, che danno sollievo ai genitori e danno una mano al personale sanitario.
LE VACCINAZIONI
E poi ci sono stati i vaccini. Racconta Franca Fagioli: «Con la disponibilità del vaccino anti-SARS-COV-2, AIEOP ha fortemente e prontamente raccomandato la copertura vaccinale in primo luogo di tutto il personale sanitario e parasanitario e, non appena autorizzato, di tutti i pazienti al di sopra dei 5 anni di età e dei relativi caregivers».
DIAGNOSI IN RITARDO
Anche in oncologia pediatrica, però, i medici temono un effetto Covid sul ritardo diagnostico per i pazienti che si sono ammalati di cancro in questo periodo. Nella prima fase della pandemia l’impatto c’è stato, eccome. Un ampio studio nazionale su tutti i centri AIEOP ha confrontato il numero di casi diagnosticati fra marzo e maggio 2020 (primo lock-down) con lo stesso trimestre degli anni precedenti (2015-2019). Si è passati da una media di 441 casi a 349 nel 2020, con una riduzione del 20,8 per cento. Il dato è «marcatamente superiore» negli adolescenti (15-19 anni), pari al 32,9 per cento, specie se affetti da tumore solido (-56,4 per cento).
UNA NUOVA FASE
«Questi dati – commenta la professoressa Fagioli - hanno confermato il pesante impatto del lock-down sulla diagnosi di questi pazienti già estremamente vulnerabili. Si tratta di un “effetto collaterale” non previsto dell’emergenza sanitaria e di cui non possiamo al momento prevedere quali realmente saranno le conseguenze future in termini prognostici». Ovvero sulle possibilità, per questi bambini e questi ragazzi, di guarire. E ora? Siamo in una fase diversa e di adattamento, spiega in conclusione Franca Fagioli: «Non più in un contesto di “emergenza per alcuni mesi” ma in uno stato di “gestione del rischio per un periodo di tempo non meglio precisato”, sempre con la forte necessità di garantire standard elevati nella diagnosi, nella cura e nella ricerca in oncologia pediatrica».
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Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.