Cambiano le linee guida. In molti casi i piccoli pazienti potranno evitare la gastroscopia
Sono cinquantamila: ovvero poco meno di un terzo (164mila) del totale dei malati. I bambini celiaci rappresentano una quota rilevante della popolazione italiana impossibilitata a consumare alimenti contenenti glutine. Anche per loro la diagnosi di malattia è finora avvenuta attraverso la gastroscopia, esame con cui si ricorre al prelievo di una piccola porzione dei villi intestinali da analizzare in laboratorio. «Se sono atrofici, è certa la diagnosi di celiachia», afferma Gino Roberto Corazza, ordinario di medicina interna all’Università di Pavia. Il passaggio è ritenuto necessario, prima di prescrivere la terapia, ovvero una dieta priva di glutine. Ma da adesso in poi non sarà più così per tutti.
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I BAMBINI DICONO ADDIO ALL’ENDOSCOPIA
Sono state aggiornate le linee guida del ministero della Salute per la diagnosi della malattia. Il protocollo prevede due iter distinti per adulto e bambino e contiene anche le nuove indicazioni per il follow-up. Per i pazienti più piccoli finisce lo spauracchio dell’endoscopia. Recependo le indicazioni diffuse tre anni fa dalla Società Europea di Gastroenterologia Pediatrica (Espghan), il documento - consultabile sul sito del Ministero della Salute - esclude l’obbligo di sottoporre i pazienti alla biopsia se si riscontrano la predisposizione genetica alla malattia e se gli anticorpi (anti-tranglutaminasi e anti-endomisio) sono di molto (almeno dieci volte) superiori ai valori soglia. Non cambia nulla invece per gli adulti: l’esame endoscopico rimane imprescindibile ai fini del completamento di una corretta diagnosi.
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I PRIMI CONTROLLI UN ANNO DOPO LA DIAGNOSI
«Questo nuovo approccio rapido, sicuro e meno invasivo, semplifica la diagnosi e rende meno traumatico l’iter per i bambini, oltre ad agevolare l’individuazione della malattia e consentire di ridurre le diagnosi errate - dichiara Marco Silano, direttore del reparto alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità e coordinatore del board scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia -. Le linee guida sottolineano con forza anche l’importanza di un attento follow-up con controlli e scadenze regolari: il primo a un anno dalla diagnosi, e successivamente ogni due anni, salvo complicanze, con particolare riferimento all’età adolescenziale, dove l’aderenza alla dieta senza glutine è spesso ridotta».
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OBIETTIVO: ANTICIPARE LE DIAGNOSI
L’adeguamento alle procedure raccomandate dai massimi esperti europei ha un duplice obiettivo: evitare lo stress di un esame invasivo come la gastroscopia ai pazienti più piccoli e diagnosticare la malattia quanto prima. In questo modo, sottolinea Giuseppe Di Fabio, presidente dell’Associazione Italiana Celiachia, «si potrà riconoscere un maggior numero di casi. Nel nostro Paese si stima che a fronte dei circa centottantamila pazienti diagnosticati a oggi, ci siano quattrocentomila persone, di cui cinquantamila bambini, che non sanno ancora di essere celiache».
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NUOVE INDICAZIONI ANCHE PER GLI ADULTI
Il documento scientifico fornisce anche indicazioni per il monitoraggio della malattia in età adulta. La densitometria ossea, utile a valutare la quantità e la densità della massa ossea, non sarà più effettuata alla diagnosi, ma un anno e mezzo dopo l’adozione della dieta senza glutine. «E ripetuta periodicamente, su indicazione del medico curante, solo se vi sono indicazioni cliniche», si legge nelle ventiquattro pagine redatte dai massimi esperti italiani in materia. Dopo la diagnosi, il dosaggio del Tsh, l’ormone ipofisario che stimola l’attività endocrina della tiroide, andrà effettuato in tutti i controlli successivi (ogni tre anni in assenza di complicanze autoimmuni o metaboliche). Durante il follow-up tutti i pazienti celiaci dovrebbero ricevere una visita medica, la valutazione dietetica, il controllo dell’emocromo e il dosaggio degli anticorpi serici anti-transglutaminasi di classe IgA.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).