Risponde Carolina Ciacci, docente di gastroenterologia e responsabile del Centro delle malattie immunologiche gastrointestinali dell'Università di Salerno
Da pochi mesi, a mio figlio di cinque anni è stata diagnosticata la celiachia.
Mi chiedo come mai il pediatra non abbia mai sospettato la malattia in precedenza.
Vorrei sapere, inoltre, se da questa intolleranza si guarisce e qual è la terapia più efficace. Francesca M. (Pisa)
Il paziente celiaco, sia quando la diagnosi avviene in età infantile che in età adulta, nasce con una predisposizione genetica, necessaria ma non sufficiente a favorire la manifestazione patologica.
I geni in questione appartengono al complesso maggiore di istocompatibilità e sono presenti nel 30% della popolazione.
La celiachia, la cui incidenza è di molto aumentata negli ultimi quarant’anni a causa di un maggiore contributo dei carboidrati nella dieta, si manifesta quando il soggetto predisposto ingerisce il glutine, una proteina presente nel seme di molti cereali.
Questa combinazione, però, non è detto che compaia al primo contatto. Sempre più spesso, infatti, si diagnostica la celiachia a pazienti adulti che si sottopongono allo screening dopo aver scoperto la malattia nei loro figli o in altri parenti di primo grado.
La comunità scientifica è ormai concorde nel pensare che non basti la presenza dei complessi DQ2 e DQ8, oltre al glutine, a far scattare la malattia. C’è sicuramente un altro fattore non ancora identificato, genetico o ambientale, che contribuisce a innescare il quadro patologico.
L’unica terapia al momento efficace è la dieta priva di glutine, da seguire in maniera rigorosa per tutta la vita al fine di attenuare i segni della malattia.
L’intervento è meno drastico di una terapia farmacologica e oggi è favorito dall’abbondanza di prodotti dietoterapeutici che rendono la dieta più sostenibile.
Al momento sono in corso diversi studi su possibili farmaci che annullino l’effetto tossico del glutine e vaccini. Si è però ancora molto lontani da un’applicazione clinica.
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