Chiudi
Oncologia
Paola Scaccabarozzi
pubblicato il 25-05-2022

Un nuovo quartiere per la gente di Piquià



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Inquinamento e salute: quando la scienza è (come dovrebbe) al servizio delle persone. Una vicenda che parte dal Brasile e passa per i ricercatori milanesi

Un nuovo quartiere per la gente di Piquià

L’obiettivo finale di uno studio scientifico dovrebbe essere quello di rendere migliore la vita degli esseri umani e del pianeta nel suo complesso. Capita però, troppo spesso e per varie ragioni (politiche, economiche, culturali…), che importanti ricerche rimangano “solo” un interessante approfondimento che non ha una ripercussione concreta sull’esistenza della gente. Capita anche che uno studio scientifico diventi una svolta effettiva e reale nelle vita di chi ne ha beneficiato e che avvengano incontri virtuosi a migliaia di chilometri di distanza. Così la comunità di un luogo remoto in Brasile è riuscita a salvarsi da un’agonia pressoché certa, abbandonando un quartiere malsano per uno nuovo e per un’esistenza che ha un futuro.

UNA STORIA DI RISCATTO NEL CUORE DELL’AMAZZONIA

Sono i volti della gente di Piquiá de Baixo, quartiere industriale di Açailândia, Stato del Maranhão, nel Nord Est del Brasile, i protagonisti di una storia che ha come attori comprimari Dario Bossi, un padre missionario comboniano e l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano con, in prima linea, il responsabile della Pneumologia Roberto Boffi e tutta la sua squadra. È la storia di una delle tante ingiustizie sociali dalle numerose e prevedibili ripercussioni che, come spesso accade, impattano sul corpo e sulla psiche di chi ne è la vittima, più o meno consapevole. È la narrazione della forza e del coraggio degli abitanti di Piquià, 312 famiglie, 1.100 persone in tutto, che vivono accanto alla più grande miniera del pianeta e respirano l’aria tossica degli impianti siderurgici situati accanto al loro villaggio, un pugno di baracche nel cuore dell’Amazzonia. Molti di loro si sono ammalati, alcuni sono morti a causa di un tumore evitabile, causato dalle esalazioni del mostro che devasta l’aria, impolvera il cibo e gli oggetti e procura sintomi respiratori, spesso irreparabili.

ANDARSENE PER NON MORIRE

Tutto è iniziato nel 1987 quando l’industria del ferro e dell’acciaio ha fatto il suo ingresso in quello che fu un paradiso terrestre. Da allora gli abitanti sono stati costretti a subire la presenza di cinque fabbriche di ghisa, una ferrovia e altri impianti industriali dell’impresa mineraria Vale. In sostanza un colosso inquinante in grado di operare, ininterrottamente giorno e notte, situato molto vicino alle case della gente di Piquiá de Baixo. Qualche decennio dopo, precisamente nel 2007, un’indagine condotta da Ulisses Brigatto, biologo brasiliano, non ha fatto altro che attestare quello che la comunità di Piquià aveva già ampiamente intuito: bisognava cambiare luogo in cui vivere per non morire.

IL RUOLO DEGLI SCIENZIATI ITALIANI

La battaglia sul fronte italiano è iniziata con forza e determinazione già alcuni anni fa grazie all’incontro virtuoso tra i missionari comboniani e l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Uno studio dettagliato sul campo ha messo ulteriormente in evidenza, con dati precisi alla mano, quanto la situazione fosse grave - spiega Roberto Boffi, che fa anche parte del Comitato scientifico per la lotta al fumo di Fondazione Umberto Veronesi. «Infatti quasi il 30% della popolazione analizzata con spirometria aveva un deficit respiratorio significativo, una percentuale fino a sei volte superiore rispetto a quella del resto degli abitanti del Brasile. E alcuni erano già morti di cancro». Un’agonia lenta quella che il padre comboniano, Dario Bossi, ha toccato con mano: «Ho visto persone con dolori terrificanti al corpo - racconta - persone che accusavano mancanza di respiro, mal di gola, febbre alta, mal di testa, dolori all’orecchio e andavano verso una condanna a una morte lenta e inesorabile. Già nel 2010 la Federazione internazionale dei diritti umani denunciava le condizioni inumane dove viveva questa gente e le malattie descritte nel 65 per cento delle persone che abitava a Piquià». Si tratta dunque di una storia di riscatto per chi non ha piegato la testa e ha lottato per il diritto a respirare. Di una vittoria per la scienza che fa ricerca e per gli incontri tra gli esseri umani.

Sostieni la ricerca contro il tumore del polmone e le malattie correlate al fumo. Dona ora.

Sostieni la ricerca contro il tumore del polmone

Sostieni la ricerca contro il tumore del polmone


Scegli la tua donazione

Importo che vuoi donare

Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina