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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 07-04-2023

Tumore del polmone e inquinamento: un legame amplificato dalla genetica



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L'esposizione al particolato atmosferico può aumentare il rischio di tumore al polmone, specialmente in alcune persone geneticamente predisposte. Lo studio pubblicato su Nature

Tumore del polmone e inquinamento: un legame amplificato dalla genetica

L'inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di tumore del polmone, non è certo una novità. Ma ciò avviene con maggiore probabilità quando le persone possiedono particolari mutazioni nei geni EGFR e KRAS delle cellule dell'albero respiratorio. Ad affermarlo uno studio pubblicato sulle pagine di Nature. Una conferma definitiva dopo i primi risultati preliminari presentati lo scorso settembre a Parigi al congresso dell'European Society for Medical Oncology.

FUMO, INQUINAMENTO E TUMORE DEL POLMONE

Ogni anno in Italia, secondo i dati dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica, si registrano poco più di 40 mila nuove diagnosi di tumore al polmone. Di queste, circa il 75-80% è da ricondurre all'abitudine al fumo di sigaretta, primo fattore di rischio per lo sviluppo della malattia. Esistono però dei casi in cui, nonostante non si sia mai fumato, il tumore compare comunque a causa di altri fattori di rischio come l'inquinamento atmosferico ed in particolare l'esposizione al PM2.5, il particolato atmosferico più fine capace di arrivare nelle porzioni più profonde dell'albero respiratorio.

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IL RUOLO DELLA GENETICA

Recentemente, in uno studio realizzato su quasi mezzo milione di persone con tumore al polmone che non avevano mai fumato, è emerso che l'esposizione ad elevati livelli di PM2.5 in presenza di mutazioni nel gene EGFR predisponeva gli individui a sviluppare un tumore del polmone. Partendo da questa considerazione i ricercatori Francis Crick Institute e della University College di Londra hanno cercato di decodificare il meccanismo con cui l'inquinamento atmosferico, nei non fumatori, può portare allo sviluppo della malattia.

LO STUDIO

Nello studio pubblicato su Nature gli scienziati hanno innanzitutto mostrato che le mutazioni nei geni EGFR e KRAS, normalmente presenti nelle cellule di tumore del polmone, possono esserci anche nelle cellule sane. Queste mutazioni, spesso conseguenza dell'età, da sole non sono in grado portare allo sviluppo della malattia. Quando però queste cellule sane -con mutazioni in EGFR e KRAS- vengono esposte al particolato atmosferico, in alcune si innesca un processo di trasformazione tumorale. Processo che invece non avviene nelle cellule senza mutazioni ma esposte comunque a PM2.5. Una prova diretta che le mutazioni di EGFR e KRAS sono predisponenti lo sviluppo della malattia in particolari condizioni, ovvero in presenza del particolato atmosferico.

Ma c'è di più: nello studio i ricercatori hanno decodificato il meccanismo con cui ciò avviene. L'esposizione al PM2.5 ha come diretta conseguenza l'attivazione di alcuni particolari macrofagi (cellule del sistema immunitario) con proprietà infiammatorie. In particolare l'attivazione porta alla produzione di una molecola, l'interleuchina1-beta, capace di stimolare in maniera selettiva la crescita delle cellule EGFR mutate, quelle potenzialmente con maggiori probabilità di trasformarsi in tumore. Un risultato straordinario che spiega per la prima volta come mai il particolato atmosferico, pur non essendo in grado di modificare il DNA, riesca a promuovere la trasformazione tumorale.

DIAGNOSI PRECOCE PERSONALIZZATA

Quando scoperto dagli scienziati inglesi potrebbe avere a breve grandi ripercussioni soprattutto nel campo della diagnosi precoce. Secondo i dati presentati dal Francis Crick Institute nelle cellule sane di polmone sarebbero presenti mutazioni EGFR e KRAS in percentuali pari al 18% e 33% rispettivamente. Dati importanti che dovranno ora essere analizzati in maniera più approfondita per comprendere se in futuro avrà senso e meno individuare quali persone potrebbero essere maggiormente predisposte allo sviluppo della malattia. Una caratteristica fondamentale per ideare percorsi di diagnosi precoce personalizzati.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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