In questa specifico gruppo di tumori del colon, l'utilizzo in prima linea dell'immunoterapia riduce del 40% il rischio di progressione della malattia o morte. Un risultato destinato a cambiare la pratica clinica. I risultati presentati al congresso ASCO di Chicago
Pembrolizumab, un immunoterapico già ampiamente in uso per molte forme di cancro, si è dimostrato efficace nel trattamento dei tumori del colon metastatici con instabilità dei microsatelliti. Un dato su tutti: grazie a questo approccio è possibile ridurre del 40% il rischio di progressione della malattia o morte rispetto alla chemioterapia. I risultati sono stati presentati a Chicago al congresso dell'American Society of Clinical Oncology, il principale appuntamento mondiale dedicato alla lotta al cancro.
NON TUTTI I TUMORI AL COLON SONO UGUALI
Ogni anno in Italia, secondo i dati dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica, sono circa 43.700 mila le nuove diagnosi di tumore del colon-retto. In circa il 20% dei casi la malattia viene purtroppo scoperta quando è già in metastasi. Non tutti i tumori del colon però sono uguali. Una piccola quota di questi tumori, pari a circa il 5% del totale (ovvero più o meno 800-1000 italiani all'anno), presenta una particolare caratteristica molecolare, l'instabilità dei microsatelliti che genera un elevato carico di mutazioni nel Dna tumorale. Questo tipo di neoplasia è purtroppo associato ad una diminuzione della sopravvivenza e a una minore risposta alla chemioterapia convenzionale rispetto ai tumori del colon senza elevata instabilità dei microsatelliti.
APPLICARE L'IMMUNOTERAPIA AD UNA CARATTERISTICA GENETICA
Proprio in virtù del fatto di avere un Dna particolarmente ricco di mutazioni, questo tipo di tumore bene si presta alla sperimentazione con farmaci immunoterapici. Partendo da questa constatazione, lo studio KEYNOTE-177 ha arruolato 307 persone con carcinoma del colon-retto metastatico aventi questa caratteristica. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere pembrolizumab in prima linea o la sola chemioterapia. A due anni di distanza il tasso di sopravvivenza libera da progressione è stato pari al 48% con pembrolizumab rispetto al 19% con chemioterapia. Non solo, l'immunoterapico ha ridotto il rischio di progressione della malattia o morte del 40% rispetto allo standard di cura rappresentato dalla chemioterapia. Non solo, l'11% dei pazienti trattati con l’immunoterapia ha mostrato risposta completa (nessun tumore rilevabile), nel 32,7% vi è stata una riduzione delle dimensioni del tumore (risposta parziale) e nel 30,9% la malattia si è mantenuta stabile. In confronto, il 3,9%, il 29,2% e il 42,2% dei pazienti trattati con chemioterapia hanno evidenziato, rispettivamente, risposta completa, risposta parziale e malattia stabile.
ESTENDERE L'UTILIZZO DI PEMBROLIZUMAB
"Questi risultati -spiega Fortunato Ciardiello, Ordinario di Oncologia Medica Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli e sperimentatore principale dello studio KEYNOTE-177 per l’Italia- dimostrano per la prima volta l'efficacia in prima linea dell'immunoterapia in un particolare sottogruppo di tumori del colon. Si tratta di un qualcosa di molto importante se si considera la prognosi spesso infausta per questo tipo di tumore in fase metastatica. Ora la speranza è che in base a questi risultati l'utilizzo del farmaco, già presente nel nostro Paese per varie forme tumorali, venga esteso ai pazienti con tumore del colon-retto metastatico con elevata instabilità dei microsatelliti".
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.