Scopriamo i campanelli di allarme che aiutano a identificare precocemente il tumore al colon-retto, soprattutto tra gli under 50
Il tumore al colon-retto non riguarda solo gli anziani: anche tra gli under 50, infatti, il numero dei casi è in aumento. Ci sono alcuni importanti campanelli di allarme da non sottovalutare che, se identificati in fretta, permettono una diagnosi precoce e maggiori possibilità di guarigione. Scopriamo i sintomi a cui prestare attenzione.
I CAMPANELLI DI ALLARME
Diarrea frequente e perdurante, perdite di sangue (insieme alle feci o meno), dolori addominali continui e persistenti e anemia. Sono questi i campanelli di allarme identificati da un gruppo di studiosi della Washington University School of Medicine di St. Louis, che potrebbero aiutare a identificare precocemente un tumore colon-rettale, aumentando le possibilità di guarigione. Sono specialmente gli under 50 per i quali non sono previsti screening, come invece avviene per i soggetti tra i 50 e i 70 anni di età, che dovrebbero prestare particolare attenzione a questi sintomi.
LO STUDIO
Lo studio ha coinvolto 5.075 pazienti con un carcinoma colon-rettale ai primi stadi. Secondo i risultati appena pubblicati sulla rivista Journal of the National Cancer Institute, questi quattro segnali potrebbero permettere di scovare un tumore agli inizi, anche due anni prima di quanto non accada nella maggior parte dei casi. Quasi la metà dei partecipanti, infatti, ha sofferto di uno o più di questi disturbi almeno tre mesi prima della diagnosi.
NIENTE PANICO
Sintomi come dolore addominale, diarrea, anemia e sangue nelle feci potrebbero anche segnalare la presenza di altre patologie meno gravi e più diffuse, per questo è bene non allarmarsi eccessivamente, ma sapere come comportarsi.
«In caso di sintomi specifici, come quelli suggeriti dallo studio – spiega il dottor Marco Soncini, Presidente nazionale AIGO e direttore di dipartimento medico presso l’ASST di Lecco – non bisogna farsi prendere dal panico, ma essere consapevoli della necessità di rivolgersi al proprio medico. Fondamentale, infatti, oltre ad allertare la popolazione, è sensibilizzare anche i medici di famiglia che devono essere in grado di indirizzare i pazienti alle visite specialiste necessarie. Il gastroenterologo, poi, grazie agli opportuni esami, riuscirà ad arrivare a una diagnosi differenziale, escludendo altre patologie. Specialmente diarrea e mal di pancia, infatti, possono essere sintomi correlati ad altre patologie meno gravi e non oncologiche».
SOGGETTI A RISCHIO
Ci sono soggetti a rischio che sarebbe opportuno fossero costantemente seguiti da specialisti.
«Tra le persone con meno di cinquant’anni – ricorda il professor Renato Cannizzaro, Università di Trieste e Direttore SOC Gastroenterologia Oncologica e Sperimentale del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano,– sappiamo esserci gruppi di pazienti particolarmente esposti al rischio di sviluppare tumore al colon: presenza di malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa che possono insorgere anche nell’infanzia, o suscettibilità ereditarie riconducibili a sindromi in cui sono state identificate mutazioni genetiche come la poliposi adenomatosa familiare (FAP) e la sindrome di Lynch».
CONTROLLI PER GLI OVER 50
Il cancro al colon-retto è il secondo tipo di tumore più frequente nel nostro Paese, ed è anche il secondo tra i più letali, con 48.100 nuove diagnosi stimate nel 2022 e 21.700 decessi. Un modo efficace per diagnosticarlo precocemente c’è, ma purtroppo in Italia è molto poco sfruttato. Stiamo parlando dello screening offerto gratuitamente ogni due anni a tutte le persone fra i 50 e i 70 anni, per la ricerca del sangue occulto nelle feci.
«In Italia meno del 50% della popolazione nella fascia di età 50-70 anni – illustra il dottor Soncini –, aderisce allo screening per il cancro del colon-retto. Nelle comunità più virtuose si raggiunge il 40-45%, e solo raramente si supera il 50%. Nelle regioni meridionali del Paese, purtroppo, siamo intorno al 15-20%. Il rischio di ritardo diagnostico è quindi molto elevato. A seguito di positività all’esame del sangue occulto fecale, l’aderenza per esami di secondo livello come la colonscopia, fortunatamente, aumenta notevolmente, arrivando circa all’85%».
GLI UNDER 50 E IL RITARDO DIAGNOSTICO
Per i soggetti con meno di 50 anni, invece, a cui non è rivolto lo screening biennale, il rischio di ritardo diagnostico è dovuto proprio alla tendenza a trascurare i campanelli di allarme di cui abbiamo parlato. Certi che il rischio di tumore colon rettale non li riguardi vista la giovane età, i soggetti colpiti da diarrea, dolore addominale, sangue nelle feci o anemia sideropenica, causata dalla carenza di ferro, non si rivolgono al medico, e non si curano di procedere con ulteriori accertamenti. Per aumentare le possibilità di intercettare precocemente il tumore colon rettale anche tra gli under 50, potrebbe avere senso abbassare l’età degli screening (come è stato recentemente fatto negli Stati Uniti che hanno deciso di proporre lo screening a partire dai 45 anni)?
«Per adesso l’obiettivo primario è aumentare l’aderenza agli screening dei soggetti per cui sono previsti, 50-70enni – chiarisce il professor Cannizzaro – e sensibilizzare gli under 50 a prestare particolare attenzione ai campanelli di allarme di cui abbiamo parlato, specialmente diarrea persistente e anemia sideropenica. Anche la perdita di peso rapida e inspiegabile rientra tra i campanelli di allarme a cui prestare attenzione, come riportato nelle raccomandazioni pubblicate sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, sui pazienti con carcinoma colon-rettale ad esordio precoce. Il sangue occulto nelle feci, invece, nella fascia più giovane, potrebbe essere dovuto ad altre cause come le emorroidi, e il dolore addominale è un sintomo estremamente generico. Diminuire l’età di accesso agli screening è un grosso impegno di politica sanitaria, ma visto l’aumento di casi nei giovani potremmo essere messi nelle condizioni di anticipare gli screening anche in Italia. Quello che stiamo già cercando di fare, invece, è far emergere sindromi genetiche sotto diagnosticate, come la sindrome di Lynch, che predispongono all’insorgenza del tumore al colon-retto».
CONSIGLI UTILI
I tumori del colon-retto, oltre alla familiarità, si riconducono agli stili di vita. I principali fattori di rischio sono rappresentati da:
- eccessivo consumo di carni rosse, insaccati, farine e zuccheri raffinati
- sovrappeso
- ridotta attività fisica
- fumo
- eccesso di alcol
Fattori di protezione sono rappresentati invece da consumo di frutta e verdura, carboidrati non raffinati, vitamina D e calcio, e dalla somministrazione di antinfiammatori non steroidei per lungo tempo. Attenzione però a quest'ultimo punto: sebbene i dati depongano per un effetto protettivo del farmaco, gli esperti e le autorità regolatorie hanno mantenuto una grande cautela e non raccomandano l’uso dell’aspirina per prevenire il cancro colorettale. Perchè? In primo luogo, l’assunzione di acido acetilsalicilico può essere associata a effetti collaterali importanti, come il rischio di emorragie, che impongono sempre una attenta supervisione medica per bilanciare rischi e benefici sui singoli individui. Inoltre sono emersi nel tempo effetti controproducenti dell’aspirina fra i pazienti oncologici con più di 70 anni che l’assumevano per contenere il rischio di recidive.
Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile