Aderire alle campagne di screening per il cancro del colon-retto diminuisce la mortalità. Il caso della colonscopia e della cattiva interpretazione di un risultato pubblicato sulle pagine del NEJM
Nel tumore del colon-retto prima si arriva alla diagnosi, prima si interviene e maggiori sono le probabilità di superare la malattia. Per questo motivo qualsiasi intervento di diagnosi precoce è fondamentale. La ricerca del sangue occulto nelle feci, offerto gratuitamente grazie ai programmi di screening oncologico, serve prorpio a questo: intercettare la malattia sul nascere riducendo così la mortalità per tumore del colon-retto. Di fondamentale importanza è però l'adesione agli screening. Un recente studio pubblicato sulle pagine del New England Journal of Medicine ha mostrato che i programmi nazionali di screening che invitano a sottoporsi direttamente a colonscopia (senza il filtro della ricerca del sangue occulto nelle feci, spia di possibile malattia) riducono di pochissimo la mortalità per tumore del colon-retto rispetto a chi non riceve l'invito all'esame. Attenzione però ad interpretare il risultato: la scarsa efficacia è perché c'è ancora una bassa adesione a sottoporsi alla procedura. Se però si compara il rischio di morte per tumore del colon tra chi si è sottoposto alla colonscopia e chi no, l'esame riduce del 50% il rischio di morte. Un risultato importante che indica chiaramente l'utilità della colonscopia nella prevenzione di questo diffuso tumore.
IDENTIKIT DEL TUMORE DEL COLON-RETTO
Ogni anno in Italia, secondo i dati dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica, sono circa 48 mila le nuove diagnosi di tumore del colon-retto. In circa il 20% dei casi la malattia viene purtroppo scoperta quando è già in metastasi. Si tratta di un tumore che si sviluppa e cresce, nella maggior parte dei casi, senza sintomi di particolare evidenza. Per questo è particolarmente importante eseguire gli esami di diagnosi precoce che consentono di segnalare la presenza di polipi o individuare la malattia a uno stadio iniziale. Il tumore del colon-retto infatti ha una lenta evoluzione. Prima si formano dei polipi, successivamente questi possono andare incontro ad una evoluzione verso il vero e proprio tumore. Intercettarli sul nascere permette di evitare che ciò accada.
IL RUOLO DELLO SCREENING
La diagnosi precoce, per le persone che non hanno specifici fattori di rischio, è rappresentata dallo screening per il cancro colon-rettale. Un programma capace di ridurre la mortalità fino al 20%. Si tratta di un intervento di salute pubblica sulla popolazione a rischio medio per età, che ha lo scopo di ridurre la mortalità per tumore al colon-retto attraverso la diagnosi precoce e l’eventuale rimozione o riduzione di polipi. Il test utilizzato principalmente per la diagnosi precoce è la ricerca di sangue occulto nelle feci (la Regione Piemonte propone invece una rettosigmoidoscopia a 58 anni o in alternativa ricerca del sangue occulto ogni due anni nella fascia 59-69 anni). In caso di positività la persona viene sottoposta a colonscopia per valutare la presenza della malattia e l'eventuale rimozione dei polipi. Il primo invito a parteciparvi è inviato nell'anno di compimento dei 50 anni e poi ogni 2 anni fino all’età di 69. Secondo i dati pre-pandemia dell'Osservatorio Nazionale Screening, al Nord la copertura è completa (oltre il 90%), al Centro è sopra l'80%, al Sud si arriva soltanto a poco più del 40% (anche se con una costante tendenza all’aumento).
COLONSCOPIA: QUANTO E UTILE?
Gli screening però non sono tutti uguali. In USA e in Europa esistono dei programmi che, anziché effettuare un pre-filtro attraverso l'utilizzo del test di ricerca del sangue occulto nelle feci (spia di possibile tumore), invitano direttamente a sottoporsi a colonscopia. Lo studio da poco pubblicato sul New England Journal of Medicine ha voluto confrontare la mortalità per tumore del colon-retto nelle persone invitate a sottoporsi a colonscopia rispetto a quelle non invitate. L'analisi ha preso in esame più di 84 mila persone, seguite per dieci anni, provenienti da Polonia, Svezia e Norvegia. Tra quelli invitati a sottoporsi all'esame, solo il 42% ha risposto positivamente. Dopo un decennio i ricercatori hanno confrontato i decessi per tumore del colon-retto tra il gruppo degli invitati e il gruppo dei non-invitati allo screening. Dalle analisi non sono emerse differenze significative nella mortalità tra i due gruppi. Attenzione però ad interpretare il risultato: andando a confrontare la mortalità per tumore del colon-retto in quel 42% di persone che si sono realmente sottoposte a colonscopia con quella delle persone che non ha mai fatto l'esame, si scopre che la colonscopia ha ridotto del 50% le probabilità di morte per tumore. Un risultato che indica chiaramente l'utilità dell'esame nell'intercettare la malattia sul nascere, premessa per poterla superare.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.