Sacituzumab govitecan si è dimostrato utile nel controllare la malattia metastatica nella donne divenute resistenti alle terapie tradizionali. Lo studio presentato ad ASCO
Nella lotta al tumore al seno metastatico occorre trovare sempre nuove terapie. Nel tempo infatti il tumore si evolve e diventa resistente. Tra le diverse strategie utilizzate, gli anticorpi coniugati potrebbero rappresentare un passo avanti notevole. Nei giorni scorsi al congresso dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO) -il principale appuntamento mondiale dedicato alla lotta al cancro- sono stati presentati i risultati dello studio TROPiCS-02: l'utilizzo di sacituzumab govitecan, il primo anticorpo diretto contro Trop-2, si è dimostrato utile nel migliorare la sopravvivenza nel tumore al seno metastatico HR+/HER2- (la forma più diffusa di neoplasia della mammella) nelle donne che in passato avevano già subito altri trattamenti chemioterapici.
TROVARE NUOVE TERAPIE
Ogni anno nel nostro Paese sono circa 55 mila le nuove diagnosi di tumore al seno. La malattia però non è affatto uguale in tutte le donne. Una delle caratteristiche principali per “catalogare” i diversi tipi di tumore al seno è la presenza o meno di recettori ormonali sulla superficie delle cellule tumorali. Ed è così che i tumori al seno vengono classificati in HR+ o HR- proprio in base a questa caratteristica. Quelli HR+ rappresentano circa il 70% di tutte le forme tumorali. In questo gruppo però si possono distinguere due sottotipi, i tumori HER2+ e HER2-negativo. Nei casi in cui è presente tale alterazione, ovvero gli HER2+, è possibile utilizzare dei farmaci molto efficaci che sfruttano questa caratteristica per colpire selettivamente le cellule malate risparmiando così quelle sane. Nei casi in cui il recettore non è presente si procede con l'utilizzo di farmaci capaci di agire "contro" i recettori ormonali HR frenando la crescita del tumore, in combinazione con alcune molecole che sfruttano un altro bersaglio, CDK4/6, proteine implicate nella crescita delle cellule cancerose. Purtroppo però, nei casi di tumore al seno metastatico, nel tempo queste terapie perdono di efficacia e la malattia ricomincia a progredire. Ecco perché per queste pazienti, che nonostante due o più linee di trattamento hanno una malattia in fase attiva, occorre trovare nuovi farmaci in grado di bloccare la crescita tumorale.
UNA CHEMIOTERAPIA MIRATA
Uno di questi è sacituzumab govitecan, una chemioterapia "intelligente" in cui a un anticorpo capace di riconoscere la proteina Trop2 sulle cellule tumorali vengono "legate" delle molecole di chemioterapico. Si tratta di una sorta di cavallo di troia capace di massimizzare l'effetto della chemioterapia in quanto il farmaco viene veicolato selettivamente nell'area delle cellule tumorali. Nello studio TROPiCS-02, presentato ad ASCO, nelle donne con carcinoma mammario metastatico positivo per i recettori ormonali ed Her2- negativo, già trattate con la terapia endocrina, con da due a quattro linee di chemioterapia e con inibitori di CDK4/6, è stata confrontata l'efficacia di sacituzumab govitecan con altre chemioterapie standard. Dalle analisi è emerso che l'utilizzo dell'anticorpo coniugato, rispetto alla chemioterapia, ha portato ad un miglioramento sia della progressione libera da malattia (il tempo che intercorre tra il trattamento e la ripresa della malattia) sia della sopravvivenza globale. In particolare la sopravvivenza globale mediana è stata di 14,5 mesi con sacituzumab govitecan rispetto a 11,2 mesi con la chemioterapia a singolo agente.
MIGLIORA IL CONTROLLO DELLA MALATTIA
«Questi risultati a più lungo termine dello studio TROPiCS-02 mostrano il vantaggio duraturo della sopravvivenza globale di sacituzumab govitecan rispetto alla chemioterapia tradizionale nel carcinoma mammario HR+/HER2- metastatico pre-trattato -spiega Giuseppe Curigliano, Professore di Oncologia Medica all'Università di Milano e Direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano-. A questo stadio della malattia, è comune la chemioterapia sequenziale, ma i benefici diminuiscono con linee di terapie successive. Il potenziale per una nuova molecola come sacituzumab govitecan, che può permettere alle pazienti di vivere più a lungo, è particolarmente significativo». Un risultato importante in ottica di una sempre più diffusa strategia che prevede la somministrazione sequenziale di terapie differenti per cercare di controllare la malattia più a lungo possibile.
Sostieni la ricerca, sostieni la vita. Dona ora per la ricerca contro i tumori femminili
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.