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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 06-05-2022

Tumore al seno triplo negativo: nuovi bersagli all'orizzonte?



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Per migliorare le cure nel TNBC occorre identificare nuovi bersagli terapeutici. LGALS2 e SLC22A17 potrebbero essere i nuovi target su cui sviluppare i farmaci del futuro

Tumore al seno triplo negativo: nuovi bersagli all'orizzonte?

Il tumore al seno triplo negativo è la forma di cancro al seno più difficile da trattare. In assenza di precisi target sulla superficie di queste cellule -a differenza dei tumori positivi ai recettori ormonali- negli anni è sempre stato molto complicato sviluppare terapie mirate. Negli ultimi tempi, complice l'utilizzo di tecniche di profilazione molecolare sempre più precise, la ricerca è proseguita con l'obbiettivo di individuare  possibili nuovi target per cercare di sviluppare terapie mirate. Al congresso ESMO Breast 2022 sono stati presentati alcuni studi che hanno individuato nelle proteine LGALS2 e SLC22A17 due nuovi possibili target su cui andare a sviluppare farmaci utili nel tumore al seno triplo negativo.

PERCHÉ È DIFFICILE CURARE IL TUMORE AL SENO TRIPLO NEGATIVO?

Tra i tumori al seno quello più difficile da trattare è il triplo negativo. Particolarmente diffuso al di sotto dei 50 anni e in chi presenta mutazioni nel gene BRCA1, questa forma tumorale rappresenta circa il 15-20% di tutte le neoplasie della mammella. Ma mentre le altre forme possono essere curate con buoni risultati, il triplo negativo è particolarmente aggressivo e presenta una sopravvivenza media dalla diagnosi nettamente inferiore rispetto alle altre forme. Il nome triplo negativo deriva dal fatto che in questo specifico tipo di tumore al seno, a differenza di altri tumori mammari, le cellule non possiedono sulla loro superficie la proteina HER2, né i recettori per gli estrogeni e per i progestinici. L’assenza di questi target rende questa neoplasia particolarmente difficile da trattare.

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QUAL E' IL RUOLO DELL'IMMUNOTERAPIA?

Una delle possibili strategia per affronatre la malattia è rappresentata dall'immunoterapia. Sperimentata con successo in diversi tipi di tumore, sono sempre più numerosi gli studi clinici sull'utilizzo di questo approccio nel tumore al seno triplo negativo metastatico. Ad oggi, grazie ai risultati ottenuti nello studio IMpassion130 è emerso che la combinazione dell'immunoterapico atezolizumab in combinazione con nab-paclitaxel, nelle pazienti positive al marcatore PD-L1, è in grado di portare ad un miglioramento sia in termini di controllo della malattia sia nella sopravvivenza globale. Un ottimo risultato che conferma come nel tumore al seno triplo negativo l'immunoterapia possa essere considerata una possibile strategia di cura. Quanto ottenuto però non è affatto abbastanza e la ricerca è sempre al lavoro per cercare nuovi possibili bersagli. Questo perché non tutte le donne con questo tumore rispondono positivamente alle cure.

LGALS2 E SLC22A17 I NUOVI BERSAGLI?

Al congresso ESMO Breast 2022 sono stati presentanti i dati preliminari di due ricerche che vanno nella direzione desiderata. Nel primo, ad opera dei ricercatori della Fudan University Shanghai Cancer Center, gli scinziati hanno identificato in LGALS2 un nuovo possibile target su cui agire. Utilizzando in vitro un approccio in grado di "accendere" e "spegnere" selettivamente alcuni geni all'interno del tumore e all'interno delle cellule del sistema immunitario, gli autori hanno scoperto bloccando l'attività di LGALS2 con un opportuno anticorpo era possibile diminuire la crescita tumorale e migliorare la risposta immunitaria contro il tumore. Nel secondo, gli scienziati dell'Indian Institute of Technology, attraverso un'analisi bioinformatica dell'espressione dei diversi geni tumorali hanno scoperto che la proteina SLC22A17 è fortemente espressa dalle cellule tumorali. Non solo, utilizzando una particolare tecnica in grado di silenziare l'attività del gene in questione (RNA interference) i ricercatori hanno ottenuto in laboratorio una ridotta crescita tumorale. Due risultati, ancora preliminari in quanto ottenuti in vitro, che dimostrano l'importanza della ricerca di base volta ad identificare nuovi possibili bersagli su cui sviluppare nuovi farmaci.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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