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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 07-03-2019

Tumore al seno: evitare le recidive attaccando le cellule staminali



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Test molecolari fondamentali quando si tratta di tumore al seno. Grazie a essi è possibile indirizzare le cure e predire l'eventuale ritorno della malattia

Tumore al seno: evitare le recidive attaccando le cellule staminali

Nella cura del tumore al seno la genetica sta acquistando sempre più importanza. E' infatti grazie all'analisi del Dna della malattia che si può decidere quali cure è meglio effettuare sia sul momento sia per evitare eventuali recidive. Allo scorso congresso ASCO, il più importante meeting dedicato alla lotta al cancro, è stato mostrato che grazie a un test genetico è possibile evitare la chemioterapia in oltre in alcuni particolari tumori al seno in fase iniziale.

Ora, grazie ad uno studio tutto italiano realizzato all'Istituto Europeo di Oncologia di Milano, i ricercatori hanno individuato un insieme di geni delle cosiddette “cellule staminali del cancro” in grado di predire il rischio individuale di metastasi.

Un'informazione molto utile per tarare le terapie. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista EBioMedicine.

TUMORE AL SENO: UN NOME, TANTE TIPOLOGIE

I tumori al seno non sono tutti uguali. Ne esistono molti sottotipi, a seconda delle caratteristiche genetiche e molecolari. Quella maggiormente utilizzata per distinguerli fra loro - e impostare differenti terapie - è la presenza di recettori per gli ormoni sessuali femminili che possono alimentarne la crescita. Più recettori per un certo ormone sono presenti sulla superficie della cellula, maggiore è la sensibilità di questa all’azione dell’ormone.

Ecco perché negli anni sono stati sviluppati farmaci in grado di bloccare questi recettori in modo da tagliare i rifornimenti al tumore.

Tumore seno: un test genetico per capire quando la chemioterapia non serve

Tumore seno: un test genetico per capire quando la chemioterapia non serve

04-06-2018
EVITARE LA CHEMIO CON IL TEST TAILORx

Circa la metà dei tumori al seno rientra nella categoria dei tumori ormonosensibili, HER-2 negativi e negativi al controllo del linfonodo ascellare.

In tutti questi casi la tendenza è quella di impostare, dopo la rimozione chirurgica, una chemioterapia ed una terapia adiuvante per ridurre al minimo il rischio di recidiva.

Grazie però all'analisi di alcuni particolari geni oggi è stato visto che la chemioterapia può essere evitata nel 70% dei casi.

Un vero e proprio esempio di medicina personalizzata il cui risultato è stato ottenuto analizzando l'attività di 21 geni grazie al test TAILORx.

Un esame che si spera -al momento è presente in poche nazioni e non sempre è rimborsato- possa diventare di routine nel giro di pochi anni.


PREVEDERE LE RECIDIVE GRAZIE ALLA FIRMA MOLECOLARE

Ma se il risultato del test è utile per evitare la chemioterapia in alcuni tipi di tumore al seno, la ricerca italiana da poco pubblicata si è spinta oltre: nello studio è stata individuata quella firma molecolare costituita da geni molto espressi in alcuni tumori mammari utile nel predire il rischio individuale di sviluppare metastasi a distanza. «Il problema principale per il quale i comuni parametri clinico-patologici non sono sempre accurati nel predire il reale rischio di metastasi - spiega il professor Salvatore Pece, uno degli autori dello studio - è che essi guardano alle caratteristiche dell’intera massa tumorale, come ad esempio il profilo ormonale o il livello di proliferazione, invece che a quella rara sottopopolazione di cellule staminali tumorali che si nasconde all’interno dei tumori». Staminali che giocano un ruolo importante nella formazione delle recidive.

TERAPIE PERSONALIZZATE GRAZIE ALLA FIRMA MOLECOLARE

La firma molecolare staminale individuata dai ricercatori milanesi è in grado di misurare il rischio di metastasi in tumori mammari molto differenti tra loro, come nel caso dei tumori luminali e triplo-negativi.

Un risultato importane che rappresenta un nuovo concetto nel panorama dei fattori predittivi per il tumore al seno. «Abbiamo dimostrato - aggiunge Paolo Veronesi, direttore della divisione di senologia chirurgia dell'Ieo e presidente di Fondazione Umberto Veronesi - che la nostra firma di staminalità è in grado di identificare pazienti con basso profilo staminale associato a un minor rischio di sviluppo di recidiva metastatica, rispetto a pazienti con un rischio significativamente più elevato, a causa dell’alta espressione di geni di staminalità.

Ora stiamo programmando studi clinici per dimostrare che le pazienti a basso rischio di recidiva possono essere trattate con approcci terapeutici più conservativi e meno aggressivi, con l’obiettivo di una terapia personalizzata basata sul grado di staminalità misurata con la nostra firma molecolare».

COLPIRE LE STAMINALI PER EVITARE LE RECIDIVE

Ma le novità non finiscono qui: «Il passo successivo - spiega Pier Paolo di Fiore, anch'esso autore dell'analisi che ha coinvolto duemila donne, seguite per 15 anni - sarà studiare nuovi farmaci, in grado di agire sui prodotti di uno o più dei geni che costituiscono la nostra firma staminale molecolare.

L’obiettivo è attaccare le cellule staminali tumorali proprio nel loro potenziale lesivo di sviluppare metastasi, nella prospettiva di nuove terapie molecolari per eradicare la malattia tumorale. Risulta ormai sempre più evidente che le cellule staminali del cancro sono uno snodo vitale per le vie di lotta al tumore del seno».

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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