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Oncologia
Serena Zoli
pubblicato il 13-05-2016

Se non si è sposati il tumore è più pericoloso



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Su ottocentomila casi esaminati in California emerge che il matrimonio rende più efficaci le cure contro il cancro. La «medicina» è lo stare insieme piuttosto che il miglior reddito

Se non si è sposati il tumore è più pericoloso

Il matrimonio abbassa la mortalità per tumore. Non è la prima volta che una ricerca arriva a questa conclusione sull’effetto protettivo che ha, contro un cancro in corso, il fatto di essere sposati. Ma forse lo studio che arriva dalla California, riportato sulla rivista Cancer, si impone per la vastità dei casi considerati (ottocentomila) e perché distingue tra il valore di aiuto offerto dalla condizione economica, in genere migliore in una coppia che accumula due redditi, e il valore dello stare insieme, della compagnia. Una volta depurati i dati, la ricercatrice Scarlett Lin Gomez dell’Istituto di Prevenzione del Cancro della California ha dichiarato: «La nostra indagine mette in evidenza che il supporto sociale, umano, è il fattore chiave del beneficio derivante dal matrimonio».

 

SOSTENERE I MALATI SOLI

Le cifre sono impressionanti: nelle persone che avevano avuto una diagnosi di tumore invasivo tra il 2000 e il 2009, seguite fino al 2012, è risultato che per i non sposati la percentuale di morte era più alta del 27 per cento tra gli uomini e del 19 per cento tra le donne. «Questi risultati vanno approfonditi di modo che in futuro i malati single possano ricevere speciali interventi volti a innalzare le loro possibilità di sopravvivenza. Le implicazioni della ricerca chiamano in causa le politiche di salute pubblica», commenta un’altra ricercatrice, Maria Elena Martinez, dell’Università di California a San Diego. Anche perché negli Stati Uniti (ma probabilmente anche da noi) aumentano le persone non sposate, cifre che vanno ad aggiungersi a un crescente numero di casi di cancro dovuto all’invecchiamento della popolazione. «Intanto gli oncologi che hanno in cura malati soli dovrebbero chiedere loro se c’è qualcuno nel giro delle loro conoscenze che possa dar loro un supporto sia fisico sia emotivo», commenta la dottoressa Gomez.

 

MEGLIO NASCERE IN USA

L’ampia indagine californiana ha anche considerato l’aspetto etnico, rilevando un vantaggio della popolazione bianca su ispanici e asiatici. Altra distinzione: all’interno della popolazione ispanica e asiatica delle isole del Pacifico è emersa una migliore percentuale di sopravvivenza se le persone malate erano nate sul territorio statunitense rispetto a quelli nati altrove, poi immigrati. «Probabilmente», ha notato la dottoressa Martinez, «più si è assorbita la cultura degli Stati Uniti e più aumentano le probabilità di successo delle cure». Altra possibilità è che chi è nato e cresciuto in America abbia messo insieme una rete di conoscenze e affetti più estera e profonda di chi è arrivato in tempi più recenti. A suggerire questa ipotesi è proprio la grande importanza del legame affettivo, rispetto ai soldi, che la ricerca californiana ha scoperto come beneficio principe derivante dal matrimonio.

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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