Con la chemioterapia «metronomica» a basse dosi è possibile migliorare ancora il tasso di sopravvivenza per il rabdomiosarcoma. Lo studio italiano presentato all'ASCO
DA CHICAGO - Nei pazienti con rabdomiosarcoma continuare la chemioterapia a basse dosi per ulteriori 5 mesi dalla fine del primo ciclo aiuta ad aumentare ulteriormente il successo delle terapie attuali. E' quanto dimostra uno studio coordinato dall'Italia e presentato al congresso ASCO di Chicago, il più grande appuntamento mondiale dedicato alla lotta ai tumori. Un risultato che già da oggi cambierà il modo di affrontare la malattia.
RABDOMIOSARCOMA: UN TUMORE RARO
Il rabdomiosarcoma è un tumore dei muscoli molto raro (circa 350 casi all'anno in Europa) che colpisce principalmente i bambini. L'età media di insorgenza è a 6 anni ma i picchi di incidenza sono tra i 2 e i 6 anni e tra i 15 e i 19 anni. Fortunatamente se preso in tempo quando la malattia è localizzata le probabilità di guarigione sono buone poichè oscillano tra il 70 e 80 per cento. Il trattamento consiste in un approccio combinato di chemioterapia, chirurgia e radioterapia.
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«Da trent'anni a questa parte - spiega il coordinatore dello studio, Gianni Bisogno, responsabile della sezione tumori solidi del reparto di oncoematologia pediatrica dell'azienda ospedaliero-universitaria di Padova - il trattamento del rabdomiosarcoma è sempre rimasto identico. Lo studio che abbiamo realizzato è il primo in assoluto da decenni a questa parte a fornirci delle indicazioni pratiche per migliorare ulteriormente la cura di questo tumore». Lo studio aveva infatti l'obbiettivo di valutare se - alla fine delle cure standard - l'aggiunta di una chemioterapia a basse dosi per cinque mesi fosse in grado di ridurre le probabilità che il tumore si ripresentasse. Dalle analisi è emerso che questo approccio - noto con il nome di chemioterapia metronomica - è la giusta via. La ricerca ha dimostrato che con questo metodo la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi passa dal 73 all'86,5 per cento.
LA CHEMIOTERAPIA A BASSE DOSI NUOVO STANDARD DI CURA
«Utilizzando ciò che abbiamo a disposizione già da tempo siamo riusciti ad individuare un nuovo standard di cura e ciò è già attuato in tutta Europa», conclude Bisogno. Un risultato importante se si considera che passati 5 anni dalla diagnosi il rischio di recidiva è remoto e quindi i bambini possono essere considerati guariti totalmente.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.