Chiudi
Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 21-05-2015

Linfonodi ingrossati, ecco quando possono "nascondere" un linfoma



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Se l’aumento di dimensioni dura da almeno un mese, è il caso di rivolgersi a un ematologo. La diagnosi precoce è cruciale, vista la buona risposta dei tumori alle terapie

Linfonodi ingrossati, ecco quando possono "nascondere" un linfoma

Nella maggior parte dei casi sono una conseguenza di una causa benigna: a partire da un’infezione delle vie aeree. Ma quando i linfonodi alla base del collo risultano ingrossati, tutto bisogna fare, meno che trascurare questo segno.

Se si escludono raffreddori e mal di gola, alla base della formazione di queste “palline” percepibili accarezzandosi il collo potrebbe esserci qualcosa di più grave. È così che si possono manifestare i linfomi di Hodgkin e non Hodgkin (oltre ad alcune forme di leucemia).

QUANDO ANDARE DAL MEDICO

L’ingrossamento dei linfonodi può spiegarsi attraverso l’accumulo di linfociti al suo interno, in grado - nel caso di un tumore - di proliferare in maniera incontrollata. È quanto si verifica sia nel linfomi di Hodgkin sia in quello non Hodgkin (più diffuso) che, complessivamente, fanno registrare più di quindicimila diagnosi all’anno in Italia: con bambini, over 70 (con l’Hodgkin) e adulti (Non Hodgkin) potenzialmente esposti alle neoplasie.

Visti i buoni risultati ottenuti dalle terapie (chemio, radio o trapianto di midollo), il segreto sta dunque nella diagnosi precoce. Non esiste uno screening per questi tumori, ma è importante approfondire le indagini quando il gonfiore:

  • riguarda soprattutto i linfonodi della base del collo e al di sopra della clavicola
  • è insolitamente consistente rispetto alle normali infezioni
  • non è accompagnato dal dolore
  • non trova spiegazione in un’infezione
  • non diminuisce con il passare dei giorni
  • dura da più di un mese

Download

REGISTRATI

per scaricare o sfogliare il materiale

Tumori: il corpo e la mente. Un manuale di psiconcologia per le donne che affrontano il cancro

CONTENUTO PLUS

Contenuto
Plus

Sei già registrato? ACCEDI

TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

LE RICERCHE

In questi casi è bene rivolgersi a un medico perchè escludere la presenza di un linfoma. È quanto confermano due studi pubblicati sul British Journal of General Practice, secondo cui «la linfadenopatia si conferma il più attendibile marcatore di diagnosi di linfoma». Ciò che era già noto, trova dunque conferma in proporzioni più ampie rispetto a quel che si pensava. Non c’è distinzione tra le due forme della malattia, se le ricerche condotte nel Regno Unito hanno messo a confronto con due gruppi di controllo altrettante popolazioni di pazienti con più di quarant’anni: ammalate di linfoma di Hodgkin e di non Hodgkin.

Dalle analisi statistiche dei controlli effettuati prima della diagnosi, è emerso che nessun esame del sangue, né la presenza di segni come la perdita di peso e il prurito diffuso - tipici della malattia -, sono efficaci al pari della biopsia dei linfonodi per scovare un linfoma.

GLI ALTRI SEGNI DELLA MALATTIA

Oltre all’esame istologico, oggi i campioni prelevati vengono portati in laboratorio per una classificazione molecolare della malattia, utile a mettere a punto la strategia terapeutica più efficace. «La maggior parte dei pazienti affetti dal linfoma di Hodgkin consulta almeno tre volte il proprio medico di base prima di rivolgersi allo specialista - afferma Willie Hamilton, docente di diagnostica  e cure primarie all’Università di Exeter, tra gli autori delle ricerche -. Ci sono alcune caratteristiche dei linfonodi, però, che aiutano a ipotizzare la presenza di un tumore. L’aumento di dimensioni è più rilevante rispetto a quello che si verifica nel corso di normali infezioni». L’indicazione, in questo caso, è perentoria. «Il gonfiore dei linfonodi negli adulti oltre i sessant’anni necessita di un’investigazione più approfondita, soprattutto se dura da più di un mese».

Abbiamo a cuore i pazienti più fragili

Abbiamo a cuore i pazienti più fragili

Non fermare la ricerca


Scegli la tua donazione

Importo che vuoi donare

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina