L'approccio ancora sperimentale, oltre a essere meno invasivo, permette di anticipare la diagnosi, prevedere una recidiva e correggere una terapia in corso. I dati più recenti sui tumori del colon-retto
Non più un intervento chirurgico, ma una semplice analisi del sangue. In un futuro non troppo lontano, potrebbe bastare un prelievo per arrivare alla diagnosi di un tumore e prevedere la comparsa delle recidive. Tutto ciò grazie alla tecnica della biopsia liquida, con cui si cercano i frammenti del Dna tumorale nel sangue del paziente.
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MENO DISAGIO PER IL PAZIENTE
Qualcuno potrebbe obiettare che una simile scoperta non rivoluzionerà la lotta al cancro. Ma questo nuovo approccio, per ora testato ancora a livello sperimentale, potrebbe rendere sensibilmente meno invasivo e più rapido l'iter della diagnosi rispetto a una biopsia eseguita in maniera tradizionale. Tutto nasce dalla conoscenza del Dna dei tumori sviluppata negli ultimi dieci anni. Oggi si sa che le cellule cancerose rilasciano nel sangue frammenti di acido nucleico (anche Rna) che permettono di anticipare la diagnosi. È quanto si è già ottenuto ponendo a confronto l’esito di una biopsia liquida con il riscontro di una tac spirale nel tumore al polmone. Risultato? Malattia scoperta anche con due anni di anticipo. Un riscontro paragonabile a quello rivelato da una ricerca pubblicata su The Lancet Oncology che ha dimostrato come l’analisi del Dna tumorale - pari a meno del totale dell’acido nucleico circolante - riesca a rintracciare la ricomparsa di un linfoma con tre mesi di anticipo rispetto a una tac.
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EVIDENZE ANCHE PER IL COLON
L’ultimo tassello a sostegno dell’analisi molecolare è giunto da uno studio pubblicato su Nature Medicine, cui hanno contribuito anche diversi centri italiani. Dall’esame del Dna rilasciato da diverse forme di tumore del colon-retto è stato possibile rilevare anche come diverse alterazioni genetiche possano emergere nel corso di una terapia. Ciò vuol dire che, attraverso l’esame dell’acido nucleico di un tumore, si riesce a modulare la terapia, al fine di aumentarne l’efficacia.
È quanto conferma Alfredo Budillon, direttore dell’unità di farmacologia sperimentale dell’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli. «Analizzando il Dna circolante nel sangue di pazienti con tumori del colon sottoposti alla terapia standard contro il recettore del fattore di crescita dell’epidermide (Egfr), abbiamo notato come nel tempo la neoplasia sviluppi una resistenza al trattamento. Teoricamente, secondo questo studio, con un prelievo di sangue si potrebbe modificare nel tempo la cura, adattandola all’evoluzione genetica della malattia ben prima dell’insorgenza della progressione clinica». Oltre ad anticipare la diagnosi, dunque, la biopsia liquida permetterebbe di avere una visione dinamica delle modificazioni molecolari della malattia.
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CONTROLLI FREQUENTI
Le potenziali applicazioni in oncologia di questo approccio sono tante: dalla diagnosi precoce alla valutazione dell’eterogeneità tumorale, dall’identificazione di nuove determinanti geniche alla valutazione di risposta al trattamento. Tutto ciò ricorrendo a un prelievo: meno invasivo e ripetibile con una frequenza superiore a quella di una biopsia tradizionale. È un altro piccolo passo compiuto nella direzione delle cure personalizzate.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).