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Oncologia
Redazione
pubblicato il 26-05-2012

Il ricovero di sollievo per rendere più sopportabile il dolore



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Dà assistenza per dieci-quindici giorni ai malati terminali e dà una pausa di respiro ai familiari del malato. Un'iniziativa molto umana

Il ricovero di sollievo per rendere più sopportabile il dolore

Dà assistenza per dieci-quindici giorni ai malati terminali e dà una pausa di respiro ai familiari del malato. Un’iniziativa molto umana

Un bel proverbio tedesco dice che «bambino amato ha molti nomi». Facendo una trasposizione, si può dire che un’assistenza veramente vicina alle persone ha molti modi di essere. Tra di essi, il poco noto  «ricovero di sollievo». Ce ne parla un pioniere dell’assistenza ai malati di cancro, Alberto Scanni.

PSICONCOLOGIA - Primario emerito di oncologia medica dell’azienda ospedaliera Fatebenefratelli di Milano, anni fa fondò con lo psicologo Marcello Tamburini e con lo psichiatra Giordano Invernizzi la Società italiana di psico-oncologia, prese parte a tutte le battaglie contro il dolore portate avanti dal  Comitato «Gigi Ghirotti» e attualmente è presidente onorario dell’associazione onlus Uman.a, che ha lanciato l’assistenza domiciliare prima che le Regioni la riconoscessero e la finanziassero, e che sostiene e gestisce l’umanissimo Hospice del Fatebenefratelli, il primo a Milano in un ospedale pubblico.

Dice Scanni: «Quando in una famiglia c’è un malato di cancro non più guaribile, è come se fosse ammalata tutta la famiglia. Il ricovero di sollievo, che dura in genere una quindicina di giorni, è stato pensato per dare una pausa di respiro ai familiari, e nello stesso tempo revisionare e mettere a punto le terapie, in modo da giovare il più possibile al malato. Durante questo periodo di ricovero, c’è anche un continuo colloquio tra l’équipe dei curanti e i familiari. Si danno le istruzioni per affrontare i giorni che verranno, si risponde alle domande e ai dubbi, si dà sostegno psicologico.»

OTTO CAMERE FAMILIARI - L’Hospice, definizione inglese intraducibile in italiano, è il nome internazionale delle strutture che accolgono i malati terminali: «A bassa tecnologia e ad alta umanità», sintetizza Scanni. Quello del Fatebenefratelli (otto camere  diverse una dall’altra e arredate come in una casa, con divanoletto per un familiare e con frigobar, una zona soggiorno, un cucinino per preparare bevande calde, terrazze coi fiori), sembra  nato da un racconto di Zavattini: metà realismo, metà favola. Racconta Scanni: «Un ingegnere trentino mio amico era diventato ricco con un brevetto usato in tutto il mondo. Un giorno viene da me e mi mette in mano un assegno di 25 milioni. “Per i malati che assistete a casa”, mi dice. Allora l’assistenza domiciliare gratuita era tutta a carico dell’Associazione Uman.a , e certo non era facile. Io avevo il sogno dell’Hospice, e gli chiedo di poter impiegare in questo i suoi soldi. “No, tienili per l’assistenza domiciliare”, fa lui. E aggiunge: “Se vuoi fare l’Hospice, io m’impegno a lanciare una cordata per realizzarlo.” Nel giro di un mese, la  cordata fruttò un miliardo e mezzo.» Ma i miracoli non erano finiti: «Quindici giorni dopo, un giovane genio dell’informatica arrivò con 500 milioni. In sei mesi l’Hospice fu fatto.» 

LA RETE DEGLI HOSPICE - Scanni, ricordando la mobilitazione civile che finalmente, anni fa, ha ottenuto la legge per stabilire e finanziare col servizio sanitario nazionale una rete di Hospices in tutta Italia,  dice: «Purtroppo, stiamo parlando dello straziante tema della morte. A parte i ricoveri di sollievo, i  nostri malati entrano quando hanno una breve aspettativa di vita. Ma la gravità del male e l’imminenza della morte non sono i soli criteri. Prima dell’ammissione si va a casa dei malati, si vede come stanno le cose. Per esempio, c’è un malato anziano che ha soltanto l’assistenza della moglie, anziana e malandata? O un altro che non ha nessuno? Questi malati hanno la priorità, perché hanno diritto a non soffrire  nell’abbandono e nella solitudine.»

Amore verso il malato, e grande competenza. Dagli Hospices è bandito il dolore, grazie all’esperienza d’infermieri e di medici appositamente formati. E sono banditi divieti e limitazioni. Conclude Scanni: «Non c’è orario di visita, si può entrare giorno e notte. E si fa di tutto per esaudire i desideri dei malati. Uno desiderava conoscere un cantante famoso, e siamo riusciti a portarglielo. Ed è sempre un “sì” per chi vuole vedere i nipotini piccoli, o salutare con un’ultima carezza il cane o il micio di casa.»

Antonella Cremonese


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