Muoversi, anche solo per tre ore la settimana con una camminata veloce, aiuta a ridurre la mortalità. Ma i vantaggi sono particolarmente marcati anche per le donne che hanno avuto un tumore al seno
Per beneficiare dell’effetto positivo dello sport, svolgere regolarmente livelli di attività fisica anche modesti può bastare. Lo mostra un’analisi condotta su oltre 13mila donne con una diagnosi di tumore al seno, pubblicata sulla rivista scientifica JNCI Cancer Spectrum, da cui emerge un’associazione tra sole tre ore di camminata veloce alla settimana e una mortalità significativamente ridotta. Inoltre, la quantità di esercizio svolto prima della diagnosi di cancro non è un fattore determinante, in quanto anche un moderato aumento dell'attività fisica dopo la diagnosi è associato a una riduzione della mortalità di quasi il 30%.
LO STUDIO
I ricercatori, guidati da Renée T. Fortner del German Cancer Research Center e da Heather Eliassen dell’Harvard TH Chan School of Public Health, hanno analizzato i dati sulle abitudini di vita di 13.371 donne, già reclutate nel Nurses' Health Study, uno dei più grandi studi al mondo sui fattori di rischio di malattia nelle donne, e seguite per un periodo di oltre 30 anni, durante il quale 9308 di loro ha sviluppato un cancro al seno. È emerso che più le donne erano attive dopo la diagnosi, più favorevole era il decorso della malattia. Un livello di attività modesto, equivalente a circa tre ore di camminata veloce a settimana, è stato associato a una riduzione della mortalità complessiva del 27%. L'associazione inversa tra attività fisica e mortalità era particolarmente pronunciata per i tumori al seno con recettori ormonali positivi e per quelli diagnosticati dopo la menopausa.
I BENEFICI DEL MOVIMENTO
Un numero crescente di evidenze conferma l’efficacia dell’attività fisica nel ridurre il rischio di insorgenza di un tumore, della sua progressione e della comparsa di recidiva, e nell’aiutare a gestire i sintomi della malattia e gli effetti collaterali delle terapie. «È noto da tempo che l’attività fisica agisce a tutti i livelli di prevenzione. Questo studio è un’ulteriore conferma anche di un altro dato molto importante: non è mai troppo tardi per iniziare a muoversi» spiega Daniela Lucini, responsabile del Servizio di medicina dello sport ed esercizio fisico dell’Irccs Auxologico di Milano, che ricorda come i benefici non si limitino all’ambito oncologico perché «i meccanismi biologici sottostanti l’attività fisica sono moltissimi - di natura immunologica ed endocrinologica, molto importanti in oncologia, poi quelli relativi al sistema nervoso autonomo e altri ancora - e possono quindi riguardare varie patologie cardiache, metaboliche e neurodegenerative». Tornando al cancro, lo sport è doppiamente cruciale per la paziente oncologica, perché «le terapie hanno spesso degli effetti collaterali sul peso e sulla composizione lipidica, quindi agiscono proprio sui meccanismi appena menzionati».
SPORT COME PARTE INTEGRANTE DELLE TERAPIE
Lo studio mostra l’efficacia di una certa quantità di esercizio, in linea con le raccomandazioni delle linee guida di almeno 150/300 minuti a settimana di attività a intensità moderata. Limitarsi a fare due passi con il cane ai giardinetti non basta. Inoltre, per poter definire l’attività fisica come una medicina da prescrivere in modo personalizzato, bisogna conoscerne la dose. Va, quindi, stabilita da specialisti qualificati e seguita fedelmente dal paziente: «Queste sono condizioni necessarie alla sua riuscita altrimenti, proprio come per i farmaci, può non funzionare» spiega Lucini. «Ogni programma va redatto definendo gli obiettivi clinici che si vogliono raggiungere e le eventuali controindicazioni, perché il problema oncologico spesso non è l’unico per queste donne, si pensi ad esempio all’osteoporosi». Quindi, proprio lavorare sulla composizione corporea diventa prioritario: «A causa del fai-da-te o anche di consigli errati, spesso le donne tolgono dalla dieta importanti fonti proteiche o i latticini e, pur avendo un indice di massa corporea inferiore a 25 (normopeso), hanno pochi muscoli e una percentuale di tessuto adiposo eccessiva».
DIVENTA PINK AMBASSADOR
Come concludono le responsabili dello studio in un comunicato: «il miglior consiglio per le donne con un tumore al seno è Iniziate a muovervi! Camminare o andare in bicicletta, ballare o potenziare i muscoli, ogni donna può scegliere quello che più le si addice e dare un importante contributo alla propria salute». Proprio per questo Fondazione Veronesi da ormai dieci anni organizza l’iniziativa delle Pink Ambassador dedicata alle donne che hanno vissuto l’esperienza di un tumore al seno, utero o ovaie e che decidono di impegnarsi in una nuova sfida: arrivare al traguardo di una gara podistica competitiva, con l’aiuto di un team di allenatori Fidal Federazione Italiana di Atletica Leggera, nutrizionisti e psicologi. Le Pink Ambassador corrono per sostenere la ricerca e testimoniare che, nonostante un tumore, tagliare nuovi e impensabili traguardi è possibile. Le selezioni sono attive fino al 12 marzo 2023; per autocandidarsi clicca qui.
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Nicla Panciera
Giornalista professionista e medical writer, si occupa di salute e di scienza per varie testate nazionali (tra cui Repubblica, La Stampa, Le Scienze, Mind Mente e cervello, dove cura una sua rubrica, e Vita), è autrice del libro «In piena libertà e consapevolezza» (con Margherita Hack) per Baldini&Castoldi e di «Cervelli che contano» (con Giorgio Vallortigara) per Adelphi Piccola Biblioteca Scientifica.