I piccoli pazienti con difese immunitarie basse, anche se infetti da Coronavirus, non si ammalano in modo grave. Gli esperti invitano a non sospendere le terapie
Ai tempi del Coronavirus, chi assume terapie immunosoppressive, non deve assolutamente interromperle. I pazienti sottoposti a un trapianto d’organi, i malati di tumore o di patologie autoimmuni (e altre persone che per varie ragioni stanno seguendo una cura che riduce la capacità del sistema immunitario di reagire agli attacchi esterni) sono più preoccupati di altri di contrarre l'infezione. Ma gli specialisti concordano sull’importanza di proseguire le cure. Proprio per loro - e in particolare per i più piccoli sottoposti a trapianto - arriva da Bergamo una notizia che apre uno spiraglio di speranza in un momento così difficile. «I bambini immunodepressi non hanno un rischio aumentato di sviluppare conseguenze severe da infezione da Covid-19 - afferma Lorenzo D’Antiga, direttore della unità operativa complessa di pediatria e del centro trapianti oediatrici dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo -. Abbiamo in reparto bambini risultati positivi al tampone, alcuni anche immunodepressi. Ma nessuno di loro ha sviluppato la malattia, soprattutto non nella forma severa polmonare».
COME CAMBIA LA VITA
DOPO UN TRAPIANTO?
I DATI FINORA DISPONIBILI E L’ESPERIENZA BERGAMASCA
D’Antiga è un punto di riferimento in Italia e all’estero per la sua esperienza nei trapianti (soprattutto di fegato e intestino) nei pazienti pediatrici. Molti colleghi, italiani e stranieri, lo hanno chiamato per chiedergli consiglio, come specialista nel settore «assediato» da Covid-19 (vista la diffusione del virus nella città orobica). «Ho passato in rassegna tutti i dati finora disponibili, partendo da quello che accade in questi giorni in reparto, dove abbiamo circa 200 pazienti: tra i ricoverati e i bambini venuti in ospedale per i controlli - racconta l’esperto -. Dopodiché, ho analizzato la letteratura disponibile e, per ulteriore verifica, ho chiamato un collega che in Cina è un riferimento per i trapianti nei più piccoli. Ho studiato infine i dati scientifici relativi alle altre due epidemie di Coronavirus, quella di Sars e quella di Mers». Risultato finale? «Non c’è alcuna prova che l’infezione da Coronavirus comporti rischi maggiori per la popolazione immunodepressa. E chi è immunodepresso non ha un pericolo più elevato di altri di sviluppare le conseguenze più temibili di Covid-19».
LA POSSIBILE SPIEGAZIONE SCIENTIFICA
Questo - naturalmente - non esenta da seguire le regole previste per tutto il resto della popolazione, dall’isolamento sociale alle regole igieniche e a tutte le precauzioni volte a tutelare la salute. «Per quanto ne sappiamo finora, i bambini sotto i 12 anni non sviluppano la malattia in modo severo, immunodepressi o meno - risponde lo specialista -. L'immunodepressione non è un fattore di rischio che fa salire le probabilità di sviluppare l’infezione da Coronavirus. E questo sembra essere valido anche per gli adulti immunodepressi. Per questo è fondamentale che non interrompano le terapie». Prima che questa buona notizia diventi una certezza scientifica, serviranno comunque tempi lunghi e accurate verifiche. Ma quale sarebbe la possibile spiegazione? «L’ipotesi è che il danno polmonare non sembra essere direttamente causato dal virus, bensì sarebbe la conseguenza della risposta immunitaria che viene messa in atto dall’organismo dell’ospite per difendersi dal virus - conclude D’Antiga -. Quindi, se il sistema immunitario è depresso, ovvero funziona poco, è ragionevole ipotizzare che non scateni le reazioni più forti, che poi portano all’insorgenza dei gravi problemi respiratori».
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Vera Martinella
Laureata in Storia, dopo un master in comunicazione, inizia a lavorare come giornalista, online ancor prima che su carta. Dal 2003 cura Sportello Cancro, sezione dedicata all'oncologia sul sito del Corriere della Sera, nata quello stesso anno in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi.