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Neuroscienze
Daniele Banfi
pubblicato il 21-07-2017

L'ictus si può curare sempre più efficacemente grazie alla chirurgia endovascolare



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Sabato si celebra il World Brain Day. Quest'anno è dedicato all'ictus, una condizione sempre più curabile a patto che si intervenga in tempo e con la tecnica giusta. Molto può fare la prevenzione. L'80% dei casi si verifica nelle persone ipertese

L'ictus si può curare sempre più efficacemente grazie alla chirurgia endovascolare

Lo slogan del World Brain Day di quest'anno parla chiaro: al mondo una persona su sei nella propria vita sperimenterà un ictus. Ma se questa condizione in passato lasciava poco scampo oggi -grazie a tecniche di rimozione del coagulo che causano l'ostruzione dei vasi sanguigni cerebrali- la situazione sta radicalmente cambiando. Grazie alla chirurgia endovascolare sempre più persone sopravvivono e le disabilità associate all'ictus sono sempre meno impattanti. 

CHE COS'E' UN ICTUS CEREBRALE?

«L’ictus -spiega Valeria Caso, neurologa presso la Stroke Unit dell'Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia e presidentessa della European Stroke Organization- è un’ostruzione a livello cerebrale delle arterie che garantiscono il corretto flusso di sangue. Quando ciò accade le aree a valle del blocco non possono essere sufficientemente irrorate e con il passare del tempo vanno incontro a morte cellulare». I sintomi di questa condizione sono abbastanza evidenti e i segnali hanno la caratteristica di essere improvvisi. Un fortissimo mal di testa, non riuscire a muovere braccio e gamba -o muoverli con difficoltà-, perdita di sensibilità di un arto, difficoltà improvvisa a parlare e parte del viso che non si contrae più sono sintomi tipici di un ictus in corso.

Ictus: è l’era della chirurgia endovascolare

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COME SI INTERVIENE?

L'unica cura possibile per l'ictus è la rimozione del coagulo che causa l'ostruzione. «Ciò può avvenire secondo due modalità. La prima consiste nella rimozione mediante un intervento farmacologico volto a "scogliere" il coagulo, la cosiddetta fibrinolisi. La seconda -di più recente invenzione- avviene rimuovendo il trombo direttamente per via meccanica. Oggi attraverso un catetere inserito nell’arteria femorale è possibile risalire sino al cervello e arrivare nella zona dove è presente l’ostruzione» continua la Caso. 

ICTUS CEREBRALE: FARE PREVENZIONE
E' POSSIBILE

FONDAMENTALE E' IL FATTORE TEMPO

La scelta di quale tecnica utilizzare dipende dalle dimensioni e dalla localizzazione dell'ostruzione. Secondo gli esperti circa il 20-30% degli ictus è causato da trombi di grandi dimensioni che vanno ad ostruire i grandi vasi. «In questi casi -continua l'esperta- la fibrinolisi non può quasi nulla e la rimozione meccanica è l'intervento più indicato e di successo. Di fondamentale importanza è però il fattore tempo. Ogni minuto perso aumenta sensibilmente la probabilità di non sopravvivere all'evento o di rimanere con una grave disabilità».

Fibrillazione atriale in crescita nel mondo

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ANCORA POCHI CENTRI PRATICANO LA TROMBECTOMIA MECCANICA

Ma la trombetcomia meccanica, pur essendo una tecnica salvavita, nel nostro Paese non trova ancora grande diffusione. «Tecnicamente -prosegue la Caso- per garantire un'adeguata copertura alle necessità di intervento mediante questa tecnica dovrebbe esserci almeno un centro in grado di effettuarla ogni milione di abitanti. Purtroppo però, eccetto alcune Regioni italiane, la situazione è tutt'altro che rosea e di centri che praticano la trombectomia meccanica in emergenza non ce ne sono abbastanza». Eppure di ragioni per investire maggiormente nella creazione di Stroke Unit capaci di effettuare una trombectomia meccanica ce ne sarebbero. Tutti gli studi di farmacoeconomia affermano che l'investimento nella loro creazione genera un risparmio notevole in termini economici e un miglioramento delle condizioni di salute. Un esempio? Ogni ictus grave,quando la persona sopravvive, costa 100 mila euro in riabilitazione. «Ragionando a lungo termine investire su questo genere di interventi è la chiave per risparmiare e al tempo stesso migliorare la qualità di vita dei pazienti. Non dobbiamo inventarci nulla di nuovo. E' solo questione di organizzazione. In Austria, ad esempio, sono state create stroke unit sparse sul territorio capaci di accogliere un individuo colpito da ictus in massimo 45 minuti di spostamento. I modelli ci sono, vanno solamente replicati» spiega l'esperta.

L'ICTUS SI PUO' PREVENIRE

Ma se le stroke unit diventano utili in caso di ictus, molto possiamo fare noi con il nostro stile di vita per abbassarne il rischio. L'80% degli ictus si verifica nelle persone ipertese. Ecco perché controllare e abbassare la pressione sanguigna è la prima mossa da mettere in atto insieme all'eliminazione del fumo e al controllo del peso. Ma non è finita qui: «uno dei fattori di rischio principali è la fibrillazione atriale. Fortunatamente oggi abbiamo numerosi farmaci in grado di controllarla e così facendo è possibile abbassare sensibilmente il rischio ictus» conclude la Caso.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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