Un grande studio pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell'ictus rivela che in un terzo dei casi l'ictus colpisce prima dei 65 anni e spesso anche tra i giovanissimi. Ecco perchè è fondamentale accorgersi subito del rischio in corso
Un grande studio pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell’ictus rivela che quasi in un terzo dei casi l’ictus colpisce prima dei 65 anni e spesso anche tra i giovanissimi. Ecco perché è fondamentale accorgersi subito del rischio in corso
Diminuiscono le vittime di ictus nel mondo, ma aumenta il numero delle persone colpite e il peso della disabilità. E’ i risultato del primo grande studio sull’impatto dell’infarto cerebrale che tira le somme su scala planetaria, e rivela anche aspetti meno noti: nel 2010, un terzo dei casi di ictus si è verificato in persone al di sotto dei 64 anni, compresi circa 84.000 bambini e ragazzi con meno di vent’anni. Quasi tutti in paesi a reddito medio-basso. E’ quindi fondamentale ricordare come agire subito per scoprire se è in corso un attacco.
COME ACCORGERSENE – Fra i metodi più diffusi per capire se una persona è colpita da un ictus vi è la Cincinnati Prehospital Stroke Scale: chiedere di ripetere una frase, per capire se sono presenti alterazioni nel linguaggio, chiedere di sorridere, per individuare paresi facciali e asimmetrie nel volto, chiedere di stendere le braccia per 10 secondi tenendo gli occhi chiusi, per esaminare la funzionalità degli arti (se un braccio cade o si muove diversamente dall’altro). In presenza di questi sintomi è necessario chiamare subito il 118. L'associazione per la lotta all'ictus cerebrale (A.L.I.Ce Italia Onlus) consiglia inoltre di cercare immediatamente soccorsi se ci si trova in una di queste condizioni improvvise: insensibilità o formicolii al volto, a un braccio o a una gamba; mal di testa forte e inspiegato, perdita della vista da un occhio; perdita dell'equilibrio o vertigini; incapacità di parlare o di capire cosa viene detto. La tempestività è fondamentale.
LO STUDIO – L’analisi, sostenuta dalla Bill & Melinda Gates Foundation e pubblicata su The Lancet, si è basata sui dati del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study che registravano i numeri degli ictus nelle varie aree geografiche fra il 1990 e il 2010. In generale, i casi fra gli adulti sono aumentati soprattutto nei paesi a basso reddito e la mortalità è calata ovunque, anche se l’ictus resta la seconda causa di morte nel mondo. Nel 2010 si contavano 16,9 milioni di persone colpite da ictus, 33 milioni di sopravvissuti all’evento e 5,9 milioni di decessi. Di questi, la gran parte era nelle regioni meno ricche: rispettivamente il 68,9% dei casi, il 52,2% dei sopravvissuti, il 70,9% delle morti e il 77,7% dei complessivi 102 milioni di anni di vita persi a causa della malattia.
NON SOLO ANZIANI - Un evento vascolare grave come l’ictus riguarda in prevalenza la terza età. Ma non solo. Nel 2010 sono stati 5,2 milioni i casi in persone con meno di 64 anni, cioè il 31% del totale. L’89% dei bambini e ragazzi colpiti vivono in paesi a basso e medio reddito (74.000), così come il 78% degli adulti fra i 20 e i 64 anni (4 milioni). In generale, 6 casi su 10 di ictus (e il 45% dei decessi) si contano in persone con meno di 75 anni.
ISCHEMIA IN DUE TERZI DEI CASI - Un secondo lavoro apparso su The Lancet Global Health ha esaminato il fenomeno sulla base delle tipologie di ictus (ischemico ed emorragico) e degli specifici fattori di rischio. Dall’analisi di 119 studi da tutto il mondo, è emerso che nel 2010 si sono verificati poco meno di 17 milioni di ictus, 11,5 milioni di tipo ischemico (l’interruzione del flusso sanguigno ad una parte del cervello per un trombo o un embolo), 5,3 milioni di tipo emorragico (dovuto alla rottura di un’arteria cerebrale). Nonostante sia due volte meno frequente rispetto all’ischemia, l’ictus emorragico causa i tre quinti della disabilità e la metà dei decessi.
FATTORI DI RISCHIO - Da rilevare un leggero ma generale aumento dell’età media di insorgenza dell’ictus, che si attesta sui 73 anni per l’ictus ischemico e 65 per l’emorragia cerebrale. Si acuiscono le differenze geografiche, poichè nei paesi ad alto reddito l’infarto cerebrale colpisce circa 6 anni più tardi rispetto ai paesi più poveri. Merito probabilmente delle campagne di prevenzione e delle terapie che attenuano i fattori di rischio per l’aterosclerosi. Nei paesi a reddito medio basso, d’altra parte, si registra un aumento dei casi e della mortalità, legati soprattutto a un minore impatto di tradizionali cause di morte e disabilità, come infezioni e denutrizione, e ai cambiamenti nello stile di vita, con una maggior esposizione a fattori di rischio cardiovascolare: diabete, dislipidemia, ipertensione, fumo, sedentarietà, dieta inadeguata.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.