La piccola Elena non ce l'ha fatta. Silvia Vegetti Finzi, psicologa, assolve il padre e denuncia uno stile di vita
La piccola Elena non ce l’ha fatta. Silvia Vegetti Finzi, psicologa, “assolve” il padre e denuncia uno stile di vita che è tiranneggiato dal lavoro, più oggi che è precario di ieri.
GIA’ ALTRI CASI- Ma si può dimenticare un figlio e andare tranquillamente al lavoro? La piccola Elena è morta, per essere stata dimenticata dal padre in macchina per ore sotto il sole. Elena se ne è andata lasciandoci, aperta e pressante, questa domanda. Una prima risposta viene dalla cronaca stessa: nel 1998 un altro padre, a Catania, si dimenticò del figlioletto chiuso in auto, che morì, e se qualcuno è già pronto a dire “ma una madre non lo farebbe mai” ecco, tre anni fa, il caso di Simona, una insegnante di scienze, a Merate, vicino a Lecco, che recuperò troppo tardi , dopo cinque ore di lezioni, la sua bimba di due anni. Sulla scia di queste notizie si può ipotizzare che la cosa sia accaduta a tanti altri padri e madri, fortunatamente non arrivati sulle colonne dei giornali e nei tg per essere usciti dalla “dimenticanza” in tempo per salvare i propri figli.
I BAMBINI NON PIU’ AL PRIMO POSTO “Sì, dimenticare si può”, risponde alla domanda Silvia Vegetti Finzi, già docente di psicologia dinamica all’Università di Pavia ed editorialista del Corriere della Sera. ”E ogni dimenticanza ha un contesto diverso. Quel che emerge qui è la preminenza del lavoro, una prevaricazione del lavoro su tutti i piani per cui i bambini non sono più al primo posto nelle nostre tensioni e attenzioni. E’ una cosa che riguarda tutti, non è un caso particolare del disgraziato padre di Teramo. Questa dolorosissima vicenda deve farci riflettere, lo scrivo da tempo: oggi sui bambini più di altri viene a pesare la crisi non solo del lavoro, ma dell’organizzazione della vita. Dobbiamo rivederla. Tutte le priorità sono saltate di fronte al prevaricare del lavoro che ha assunto la centralità ,prima con un progresso graduale, per precipitare di recente quando il lavoro è diventato precario. Il lavoro frammentato, non garantito, mette tutti sotto ricatto”.
UN RIMORSO SENZA USCITA E sul dolore del padre di Teramo cosa si può dire? Ne resterà schiacciato? La moglie lo ha difeso. “E’ un uomo segnato da un rimorso che non è pacificabile”, risponde la dottoressa Vegetti Finzi. “Pure lui è una vittima. Sono sicura che voleva molto bene alla figlia. La moglie, tra le altre cose, ha detto che è un perfezionista. Ecco, se fosse stato più aperto all’imperfezione, al casuale. Perché il perfezionismo viene dalla testa, non dall’emotività. E questa vicenda è sotto il segno dell’efficienza, che può avere simili cadute. Non vi domina l’empatia col proprio bambino. Dobbiamo rivedere, tutti, l’organizzazione della vita, rimettere al posto giusto le priorità. Questo del padre che ha dimenticato la sua bimba non indica una patologia individuale, bensì una patologia sociale. Ci riguarda tutti. Siamo tutti sotto ricatto”.
Serena Zoli