Cos'è il disturbo bipolare? Quali sono i principali sintomi? Si può curare? Risponde il professor Leo Nahon, psichiatra dell'Ospedale Niguarda di Milano
L’attrice americana Catherine Zeta-Jones ha fatto outing sul disturbo bipolare di cui soffre e bisogna esserle grati. Affidandosi al suo portavoce per far sapere che si è ricoverata cinque giorni in clinica al fine di curare la malattia dell’umore di cui soffre ha squarciato il silenzio che di solito copre i disturbi psichiatrici e aiutato a scalfire lo stigma che li accompagna. Il pensiero che “anche i divi ne soffrono” aiuta le persone comuni a ‘spaventarsi’ meno se cadono nell’altalena perversa depressione-euforia e a non vergognarsene, con in più la rassicurazione che anche questo disturbo dell’umore è curabile. Non in cinque giorni, ovviamente, quanto è durato il ricovero della Zeta-Jones, che sarà servito per un’analisi approfondita e per impostare la terapia. Anche il motivo addotto dall’attrice per il manifestarsi di questa sua patologia dell’umore è indicativo. Come riporta il sito People, l’episodio maniaco-depressivo – ha detto il suo portavoce - è da collegarsi a mesi di grande tensione emotiva a fianco del marito Michael Douglas nella sua lotta contro il cancro. Stress, lutti, perdite sono infatti spesso le cosiddette “cause scatenanti” dei disturbi dell’umore, che però possono presentarsi anche a ciel sereno. Per sapere che cos’è esattamente il disturbo bipolare e come si affronta sentiamo il professor Leo Nahon, psichiatra e direttore della struttura complessa Psichiatria 3 dell'Ospedale Niguarda di Milano.
Professor Nahon, che cos'è il disturbo bipolare?
“E’ una malattia che riguarda l’alterazione del tono dell’umore. E’ caratterizzata dall’alternanza più o meno regolare di episodi di depressione maggiore ed episodi di mania (bipolare tipo 1) o di ipomania (bipolare tipo 2). Per questo una volta si diceva ‘malattia maniaco-depressiva’ “.
Quali i sintomi della depressione maggiore?
“Di due tipi, psichici e somatici. I sintomi psichici comprendono umore depresso, tristezza, marcata diminuzione degli interessi e di interesse per le attività comuni, sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi, indecisione patologica, ridotta capacità di concentrarsi, pensieri di morte fino ad arrivare all’ideazione suicidaria. In questo caso la morte viene vista come la sola possibilità di uscire da uno stato così penoso, l’unica via di pace.
“I sintomi fisici: insonnia o aumento delle ore di sonno, aumento o diminuzione dell’appetito e, dunque, del peso, senso di affaticamento quasi tutto il giorno, dolori di schiena, di stomaco, di testa, senso di pesantezza alle gambe, lentezza nel camminare e, in generale, rallentamento o, al contrario, agitazione psico-motoria. Come si vede parecchi di questi sintomi possono presentarsi in forme opposte.
E i sintomi della mania e della sua forma attenuata, ipomania?
“Un umore anormalmente elevato, espansivo o irritabile, autostima esagerata, idee grandiose di sé e da realizzare, meno bisogno di dormire, spinta a parlare molto, e in modo più rapido e fluente, vissuto soggettivo di idee che si alternano velocemente, salto continuo da un argomento all’altro. Aumenta l’attività finalizzata: chi studia studia di più, chi lavora lavora di più, aumenta l’attività sessuale con implicazioni di cui poi dopo ci si pente, si commettono più facilmente imprudenze, per esempio grandi acquisti incauti o investimenti avventati.
“L’ipomia è una forma di mania più leggera: presenta tutti i sintomi sopra detti ma con intensità ridotta. Resta un certo senso critico. Attenzione: nei due disturbi che convivono nella forma bipolare si può arrivare anche al delirio”.
Il delirio? E come si presenta?
“Nella depressione maggiore il delirio si manifesta con certezze del tipo: ho il cancro, sono rovinato fino alla miseria, mi licenzieranno, ho detto cose per cui pagherò tutta la vita… Al contrario le certezze deliranti nella mania sono: merito il Nobel ma nessuno se ne accorge, ho fatto invenzioni straordinarie ma non me lo riconoscono, sono di alto lignaggio e nessuno lo sa, fino alla grandiosità delirante di arrivare a dire: io sono Gesù Cristo.
Un quadro quanto mai inquietante. Quali le possibilità di cura?
“La cosa straordinaria è che queste alterazioni così gravi possono sparire completamente. E, a volte, nel giro di un mese. Si usano farmaci stabilizzatori dell’umore e antidepressivi. Certo, in psichiatria più che in altri settori della medicina, la risposta alle cure è molto individuale per cui la terapia va proprio tagliata su misura per il paziente A e il paziente B”.
Il disturbo bipolare si cura o si guarisce?
“Si guarisce il singolo episodio acuto, ma la malattia ha tendenza a ripresentarsi. Si dice che è ricorrente”.
Significa che ci si deve curare tutta la vita? La gente teme che con gli psicofarmaci una volta cominciato non si possa più smettere.
“No, la cura va protratta per i mesi in cui è più probabile una ricaduta. Se ci sono state molte recidive, allora si può pensare a una lunga terapia di mantenimento con stabilizzatori dell’umore. Si ricordi questo: la cura è lunga se la malattia è lunga. Faccio un esempio: non si smette mai con le pillole per l’ipertensione o il diabete perché queste due malattie sono continue. In psichiatria solo in alcuni casi si dà questa eventualità”.
Con che frequenza si alternano depressione maggiore e mania?
“La mania tende a durare da una settimana a tre mesi, la depressione da due settimane a 3-4 mesi. Va ricordato che non c’è mania senza depressione, mentre la depressione vive da sola. In questo caso di parla di depressione unipolare. Che colpisce il 25% delle persone nel corso della vita, una su quattro. Il disturbo bipolare colpisce il 2-3% della popolazione”.
Diversi malati rifiutano le cure.
“E’ vero. In fase maniacale nessuno accetta di sentirsi dar del malato. Vive talmente bene! Malato sarai tu, ti rispondono. In fase depressiva è più facile convincerli a curarsi. Ma tanti resistono con questa convinzione: per me non c’è nulla da fare. Per tutti questi malati, anche una volta iniziata la cura è importantissima la vicinanza di un parente, un amico in quanto tendono ad allontanarsi dalla terapia o perché si sentono ormai guariti o al contrario perché i benefici tardano a manifestarsi. L’attesa per l’effetto delle cure si può indicare in tre settimane, un mese”.
Serena Zoli