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Neuroscienze
Fabio Di Todaro
pubblicato il 12-01-2015

Ictus, la rimozione chirurgica dei trombi funziona



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La conferma da uno studio condotto in Olanda: il 30% dei pazienti finiti in sala operatoria ha dimostrato una ripresa migliore tre mesi dopo l’episodio ischemico

Ictus, la rimozione chirurgica dei trombi funziona
 

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Finora s’è ragionato soprattutto in termini di opportunità farmacologiche. A oggi il rimedio più utilizzato per ridurre i danni provocati da un ictus cerebrale è l’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA), un farmaco in grado di sciogliere i trombi che provocano l’ostruzione dei vasi sanguigni. Ma in un futuro prossimo l’approccio potrebbe cambiare e divenire più radicale. La neurochirurgia vascolare, infatti, offre già alcune opportunità risolutive, in tal senso. E i nuovi riscontri in termini di efficacia e sicurezza potrebbero favorirne un impiego in tempi brevi.

 

BUONE NOTIZIE DALL’OLANDA

In Italia, in realtà, non sono molte le stroke unit - le unità deputate a seguire un paziente colpito da ictus - a fornire questo servizio. Ma negli Stati Uniti la rimozione chirurgica dei trombi è realtà già da tempo e uno studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine ne caldeggia un impiego più frequente. Trattando 500 over 65 (raccolti da 16 ospedali differenti) vittime di ictus con tPA (il 90%) e la metà di questi con tPA e rimozione chirurgica (il 50%), i ricercatori olandesi hanno osservato che un terzo di questo secondo gruppo - rispetto al quinto trattato soltanto con i farmaci - è riuscito a riprendere una vita assolutamente normale e indipendente. Merito della rimozione chirurgica dei trombi, avvenuta attraverso una “gabbia” posizionata alla testa di un catetere inserito nell’arteria femorale e fatto risalire fino al cervello per disostruire i vasi coinvolti.  Così s’è potuto ripristinare il normale afflusso di sangue, ossigeno e nutrienti verso quei neuroni rimasti “a secco” a causa dell’ictus.

 

INDICAZIONI CHIRURGICHE

Dal momento che l'approccio farmacologico funziona soltanto quando i trombi sono di piccole dimensioni, l’intervento chirurgico potrebbe diventare il trattamento di prima scelta per l’ictus cerebrale. A patto, però, che si arrivi in sala operatoria entro sei ore dalla comparsa del disturbo. E che la rimozione chirurgica del trombo sia completa: altrimenti il rischio di provocare un embolia - come accaduto nel 9% dei pazienti trattati chirurgicamente - cresce, assieme alle possibili controindicazioni alla via chirurgica.  Quanto alle implicazioni economiche, l’intervento può avere costi anche doppi rispetto all’intervento farmacologico. Ma viste le alte percentuali di successo, soprattutto negli Stati Uniti sono in molti a credere che l’investimento sia comunque conveniente per la casse dello Stato.


@fabioditodaro

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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