Inappetenza e affaticamento, dovuti a disturbi dell’umore, segnalano possibili attacchi cardiovascolari. Questa ricerca permetterà la prevenzione con specifici antidepressivi a doppia azione
Depressione e problemi cardiovascolari. Un nesso certo, certamente bidirezionale, ma non chiaro. Per illuminarne un lato, scienziati dell’Università dell’Indiana, in America, hanno seguito per ben 15 anni 2.500 pazienti di età dai 60 anni in su, tutti, all’inizio dell’esperimento, senza alcun problema cardiovascolare.
Avevano, invece, un problema dell’umore e sono stati esaminati e classificati in base a quattro sintomi tipici della depressione: umore depresso, sintomi fisici, difficoltà interpersonali, incapacità di uno sguardo positivo sul futuro.
Nel giro dei 15 anni, 678 dei volontari sotto controllo hanno subito attacchi cardiaci ed i ricercatori si sono mobilitati per capire se, tra i quattro tipi di sintomi depressivi pregressi, ce n’erano alcuni che si potevano ritenere “predittivi” di quanto accaduto al sistema cardiovascolare.
FATICA E INAPPETENZA
Il controllo ha dato un esito: i sintomi somatici sono risultati prevalenti nelle persone depresse che poi hanno sviluppato una malattia di cuore. Tra i sintomi fisici figurano in particolare il calo dell’appetito e il senso di affaticamento (accanto a dolore alle gambe, cefalee, rallentamento nei movimenti) che sono quindi da prendere come possibile segnale di rischio. Che fare, allora?
Risponde il professor Andrea Fagiolini, associato di psichiatria all’Università di Siena: «E’ molto utile l’indicazione di questa ricerca. Nella terapia, si sceglieranno antidepressivi – ce n’è una vasta gamma - specialmente attivi nei confronti del tipo di disturbo fisico lamentato dal paziente. Se tende all’anoressia, si darà una cura che potenzia l’appetito, se domina il senso di fatica si opterà per un farmaco che cura l’umore ma insieme dà energia. Una terapia così orientata diventa preventiva nei confronti di disturbi cardiovascolari, che è un’evenienza da non sottovalutare in questi pazienti».
IL CASO DEI BIPOLARI
Soprattutto corrono questo rischio le persone affette da disturbo bipolare, quello che dall’umor nero può far saltare, anche da un momento all’altro, nell’euforia e viceversa: «Tra questi malati la prima causa di morte è per problemi cardiovascolari, classico l’infarto, con una frequenza pari a 2-3 volte quella di chi non ha difficoltà dell’umore», spiega il professor Fagiolini. «Accade anche che chi ha avuto un infarto del miocardio, facilmente cada in depressione e allora la mortalità per infarto salirà al 26 per cento nei quattro mesi successivi mentre si fermerà al 7 per cento in chi non sviluppa depressione».
I ricercatori di Indianapolis a conclusione della loro indagine raccomandano anche l’esercizio fisico, ma uno dei sintomi sott’accusa è appunto il senso di affaticamento. «E’ vero, ma il paziente deve cercare di fare po’ di movimento, da aumentare in modo molto graduale: così si allevia il senso di stanchezza e si ha un grosso beneficio per il trattamento stesso della depressione. Quanto al cuore, è notorio che l’attività fisica è un’importante tutela».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.