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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 05-05-2016

Antidepressivi in gravidanza «minano» la salute dei figli?



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I nati da donne curate in gravidanza con antidepressivi nell'otto per cento dei casi sono colpiti da depressione nell’adolescenza. Eredità dei farmaci o della malattia delle madri?

Antidepressivi in gravidanza «minano» la salute dei figli?

Gli antidepressivi serotoninergici (Ssri) in gravidanza sono sicuri? L’ipotesi che la terapia possa indurre depressione nel figlio durante l’adolescenza è avanzata da uno dei tanti studi sugli effetti degli psicofarmaci, che restano sempre sotto sospetto, durante il delicato periodo della gestazione. A indagare sono stati ricercatori finlandesi (Università di Helsinki) e americani (Columbia University) partendo dai dati del Registro nazionale finlandese delle nascite che hanno permesso di seguire gli effetti nel tempo sui figli di quattro gruppi di donne: quelle che hanno assunto gli Ssri durante la gravidanza (15.700), quelle che hanno avuto disturbi psichiatrici ma non hanno preso antidepressivi (9.700), le madri che hanno preso sì questi farmaci ma prima della gravidanza (ottomila), infine il gruppo di donne che né hanno avuto disturbi psichiatrici né, dunque, si sono curate con psicofarmaci (trentunomila).

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DATI DA VERIFICARE

Fatti i confronti, i ricercatori sono arrivati a concludere che i figli delle donne che avevano seguito una terapia con serotoninergici nei nove mesi d’attesa risultavano colpiti da depressione nell’8,2 per cento dei casi all’età di 15 anni. La percentuale dei nati da donne che in gravidanza avevano avuto problemi psichiatrici senza però far cure con gli Ssri sono risultati depressi, nell’adolescenza, nel due per cento dei casi mentre 2,8 sono apparsi i figli di madri che avevano fatto un uso discontinuo di serotoninergici. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry. Nelle conclusioni, gli autori sottolineano l’importanza di curare la depressione nella donna incinta perché «…fino a quando non saranno stati confermati o smentiti, i nostri dati vanno bilanciati con le conseguenze sostanzialmente avverse di una depressione in gravidanza non curata».

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SEMPRE SOSPETTI SUGLI PSICOFARMACI

L’ex presidente dell’Apa (American Psychiatric Association), la dottoressa Nada Stotland, in riferimento a questa ricerca ha sottolineato lo stigma che grava sugli psicofarmaci, specialmente nel caso delle future madri: «Purtroppo – ha detto in sostanza – non siamo ancora arrivati a un algoritmo che possa dare direttive precise per tutte le situazioni, ma siamo ancora al dover decidere caso per caso. Comunque, è un fatto che sentiamo parlare molto meno dei possibili effetti collaterali di altri tipi di farmaci presi durante la gravidanza». A questa critica si associa Mauro Mauri, direttore dell’Unità operativa universitaria 2 a Pisa: «In questo come in quasi tutti gli altri studi sull’argomento non si tiene conto se, a parte gli antidepressivi, la donna incinta ha seguito altre terapie, per esempio con antibiotici, con i loro possibili effetti collaterali. Né si tiene conto degli stili di vita: la paziente è una fumatrice?, per esempio».

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MENO PARTI PREMATURI

Aggiunge: «Risulta, d’altro lato, che se la donna soffre di depressione e viene curata con gli Ssri, più facilmente la sua gravidanza arriva a termine, diminuiscono i parti prematuri». In effetti proprio dalla ricerca sopra citata lo scorso ottobre sono stati anticipati i risultati su questo punto, pubblicati sull’American Journal of Psychiatry: le donne gravide trattate con Ssri hanno mostrato un rischio minore del 16 per cento di parto prematuro (nelle 32-36 settimane di gravidanza) e del 48 per cento inferiore per quanto riguarda le nascite molto premature (sotto le 32 settimane) rispetto alle madri che avevano avuto problemi psichiatrici durante i nove mesi, ma non curati. Inferiore anche il rischio di dover ricorrere al taglio cesareo, in particolare fatto sotto urgenza, come meno numerose sono state le emorragie registrate durante il parto. Poi il professor Mauri allarga la visuale a considerare tutta la ricerca finnico-americana: «I dati sono stati presi dal Registro nazionale finlandese, ma qui non appare se la persona ha preso l’antidepressivo, si vede solo se ne ha comprato una scatola, alcune anche due scatole, e, sì, è presumibile che abbiano seguito la terapia, ma non è certo per tutte. Attorno agli psicofarmaci c’è una tale emotività…».

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PAZIENTI GRAVI O NO?

«Ancora più importante», continua Mauri, «non c’è nessuna valutazione della gravità psichiatrica della gestante: quanto stava male? Uno dei miei dubbi è che: punto 1) queste donne fossero le più gravi e perciò trattate con gli Ssri invece che – come facciamo anche noi con i casi più lievi – con la psicoterapia; punto 2) se queste donne curate con i farmaci serotoninergici erano le più gravi, mi pare sia anche più probabile che possano aver trasmesso in alcuni casi la loro malattia ai figli, quella che si rivela nell’adolescenza. Insomma, un po’ di genetica c’è, non possiamo escluderla».

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COMUNQUE NON TRASCURARE LA MALATTIA

Quindi, quell’8,2 per cento di quindicenni che soffrono del “male oscuro” a chi devono dare la “colpa”: agli antidepressivi oppure alla depressione in sé della madre che ha dovuto curarsi? E’ questo il dilemma proposto da Mauro Mauri. Che prosegue: «Comunque sia, lo sottolineano anche i ricercatori di Helsinki e della Columbia, non si può trascurare una depressione in gravidanza. Se poi intervenire con farmaci o psicoterapia va valutato caso per caso dallo psichiatra con i due genitori. Sì, noi sentiamo anche il padre. Si deve valutare insieme il rapporto costo/benefici di ciascuna scelta». La psicoterapia può essere il sostegno sufficiente per la donna nel caso di una depressione lieve. «Ma se la malattia è pesante, se per mesi e mesi la paziente è stata malissimo, non parliamo poi se in passato ha tentato il suicidio… Chiaro che si deve intervenire con gli Ssri. Mi spingo oltre: in certi casi si deve considerare l’uso anche di antidepressivi triciclici che hanno più effetto collaterali. Non per questo, però, possono venire esclusi a priori nella valutazione attorno a un caso grave».

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PRUDENZA A TUTTO CAMPO

Non si creda che il professor Mauro Mauri assolva in toto gli Ssri: alcuni studi, ricorda, ipotizzano che possano creare problemi polmonari oppure cardiologici al nascituro. «Certo, in percentuali bassissime come – per dire – 2 su 10 mila. Tuttavia va tenuto presente ogni spunto. Quel che non si può fare è ignorare o sottovalutare la depressione solo perché la donna ha in corso una gravidanza. Purtroppo la depressione può causare problemi seri proprio alla gestazione e al parto».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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