La maggioranza non si ammala, non c’è ereditarietà ma solo familiarità. Una ricerca spiega come cogliere i segni precoci della malattia quando sono ancora teenager
E’ noto che i figli di uno o due genitori con disturbo bipolare sono molto più a rischio di altri, anche di figli di genitori depressi, di ritrovarsi con la stessa malattia “a due facce”. Ora uno studio ripartito in tre centri di eccellenza nordamericani indica quali possono essere le spie precoci di un possibile insorgere del disturbo: episodi sotto soglia di mania o di ipomania nell’adolescenza. Vale a dire sintomi che non arrivano a definire uno stato maniacale conclamato, ma lo “additano” all’interno dello “spettro” che cataloga dalle sfumature lievissime (sub-cliniche) ai sintomi del disturbo pieno fino, poi, alle forme più gravi.
Questi ragazzi vengono allora definiti ad alto rischio e vanno perciò tenuti sotto osservazione per essere pronti, nel caso, a misure di prevenzione o a una terapia.
Diretto da David Axelson, docente alla Ohio State University, lo studio si è avvalso della collaborazione dell’Università di Toronto (Canada) e dell’altra Università statunitense di Pittsburgh dove da tempo è in corso, fondato dallo psichiatra David Kupfer, il Bios, ovvero un ampio programma di ricerca dedicato appunto ai figli di bipolari.
SINTOMI 13 A 1
L’indagine di Axelson è stata condotta su 391 di questi ragazzi messi a confronto con 250 coetanei con genitori senza problemi psichiatrici. Si è visto che, tra i primi, episodi di mania sotto soglia o ipomaniacali toccavano il 13 per cento contro l’1,2 degli altri e che periodi di depressione maggiore sono risultati nel 32 per cento contro il 15.
I giovani “controllati” in età adolescenziale sono stati seguiti per quasi 7 anni. A quota 21 anni, questa la situazione: sommando tutti i gradi dello spettro del disturbo bipolare, i figli di bipolari toccavano il 23 per cento contro il 3 del gruppo di controllo. L’età media di esordio di un episodio dello spettro (dunque anche forme molto lievi) è risultata 12 anni e il più giovane a essere colpito da un vero episodio maniacale è apparso un bambino di 8 anni.
«E’ un grosso studio, questo», commenta il professor Giovanni Muscettola, professore emerito di Psichiatria all’Università Federico II di Napoli. «E i ragazzi che descrive sono davvero ad alto rischio di diventare come il genitore malato o di sviluppare altri disturbi psichiatrici. Però non si può parlare di ereditarietà, che ha in sé qualcosa di più deterministico, ma soltanto di familiarità. Ora, conoscere le spie in anticipo è importante».
I SEGNALI DA COGLIERE
Ma come accorgersi di maniacalità sotto soglia o ipo? Che segnali bisogna cogliere?
«Una maggiore allegria, un’iperattività motoria, un atteggiamento più oppositivo, scoppi di gioia esagerati», comincia a spiegare il professor Muscettola. «Il vero problema, però, è che proprio nell’adolescenza, sui 15-16 anni, i ragazzi sono spesso sopra le righe, parlano tanto, si gasano da soli, sfidano gli altri col motorino. Il confine tra normalità e “spia” di futura patologia è difficile da distinguere».
Ma anche se lo si coglie, semmai portando, io genitore bipolare, mio figlio dal mio psichiatra, questi che cosa può fare?
STABILIZZARE L’UMORE
«Al primo insorgere della malattia intervenire subito con un presidio farmacologico, in genere si sceglie uno stabilizzatore dell’umore come l’acido valproico. In questo modo si possono evitare guai seri: il ragazzo potrebbe cadere nella droga o nell’alcol, potrebbe attuare un suicidio (nei bipolari la percentuale è più alta). Perché l’imprevedibilità della malattia si somma all’imprevedibilità dell’adolescenza. E il rischio cresce».
Il professor Axelson e i suoi mettono però in guardia dal fatto che proprio i farmaci possano far schizzare il paziente nella mania o altro. «Sì, accade, specie in questa età precoce», ammette Muscettola. «Possono generarsi anche sintomi psicotici con deliri di megalomania, fiducia di compiere superprodezze e simili. Può accadere ed è uno dei rischi che corre lo specialista, bisogna muoversi con molta attenzione ed esser pronti a cambiare subito rotta se è il caso».
LA MAGGIOR PARTE NON “EREDITA”
Tenere d’occhio praticamente dall’infanzia o poco più i figli e le figlie se nella coppia uno o tutt’e due soffrono di disturbo bipolare: una bella preoccupazione per i genitori. «Sì, ma bisogna essere attenti senza paura. Dopotutto», concorda lo psichiatra napoletano con il collega americano Axelson, «la maggior parte dei figli di bipolari non diventa affatto bipolare. Né malato di altro disturbo psichiatrico».
Già: se a 21 anni il 23 per cento accusa qualche sintomo del disturbo bipolare, una spia che denuncia un alto rischio, vuol dire però che il 77 per cento sta benissimo. Non si tratta di guardare il bicchiere mezzo pieno, ma pieno per tre quarti.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.