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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 28-12-2016

Cosa fare quando gli antidepressivi da soli non bastano



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In molti casi gli antidepressivi serotoninergici non funzionano. A fare la differenza fors le difficoltà ambientali. Farmaci e psicoterapia l’approccio più efficace

Cosa fare quando gli antidepressivi da soli non bastano

Non è una teoria provata, ma segni nella sua direzione vengono da diversi studi. Uno recente, a livello di animali da laboratorio, è a firma dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). La domanda di partenza è: perché gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri), sono tra i farmaci più diffusi, la loro azione antidepressiva è ottima per molti, ma non funziona per una percentuale di casi tra il 30 e il 50 per cento? Una cifra per nulla trascurabile, specie se si è depressi e ci si scopre parte di questa fascia. E perché questo avviene, perché questa differenza tra diversi soggetti?

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MAGGIORE PLASTICITA’

I ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità sono partiti dall’ipotesi che a fare la differenza sia l’ambiente. Verso cui, peraltro, il depresso è chiuso, sprangato. Ed ecco qui l’azione, ipotizzata dagli scienziati italiani: un aumento di serotonina nel cervello dovuto alle pillole non costituisce la cura della depressione, bensì aumenta la plasticità del cervello rendendolo capace di cambiare. «E’ come se gli Ssri aprissero il cervello al movimento staccandolo da uno stato fisso di infelicità e mettendolo in una condizione dove altre circostanze possono determinare la remissione o no», ha scrittoSilvia Poggini, una delle ricercatrici dell’Iss. E queste altre circostanze sono le condizioni di vita, come si dice l’ambiente nella sua complessa espressione. Come dire: chi ha una buona vita allora beneficerà dell’apporto degli antidepressivi cosiddetti di ultima generazione (anche se ormai hanno accumulato un’età che si conta in decenni). Aggiunge ancora la dottoressa Poggini: «Si può spiegare così: gli Ssri ti mettono a bordo di una barca, dipende poi dal mare intorno a te, in tempesta o calmo, se sarà una bella gita o no».

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VEDERE IL MEGLIO

Ma una frase classica che gli psichiatri si sentono dire da molti pazienti gravemente depressi è: ho una buona famiglia, un buon lavoro, tutto va bene, ma io voglio solo morire. «Ecco, queste sono le classiche persone che potrebbero avvantaggiarsi prendendo gli antidepressivi serotoninergici», commenta Igor Branchi, che ha partecipato allo studio in quanto ricercatore del Dipartimento di biologia cellulare e neuroscienze dell’Iss.

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COGLIERE LA POSITIVITÀ

Significa che chi ha una vita con problemi, tanti o pochi che siano, non può sperare nell’aiuto degli Ssri? «Nient’affatto, c’è una grande variabilità in natura. Uno può stare in un sobborgo e non avere tanti soldi, ma l’ambiente potrebbe essere solidale e caloroso, e questa è la positività che la persona può diventar capace di cogliere», obietta Branchi. E continua: «Questa teoria, che riceve dei segnali confermativi da vari studi e centri, indica un’altra cura da aggiungere agli Ssri: la psicoterapia. Questa permette di affrontare al meglio l’ambiente, fornisce gli strumenti per vedere e cogliere la positività delle condizioni di vita».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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