Al meglio nei calcoli a 35-55 anni, la rapidità nel ricordare a 15-20 anni, il vocabolario più ampio a 60-70. Studio del MIT su 50 mila persone
Il cervello non si sviluppa e non invecchia tutto insieme. Le sue parti raggiungono il picco di maturazione a età diverse per poi decadere mentre alcune si mantengono ad un dato livello per diversi anni o decenni. Alcune abilità sono al massimo a vent'anni, alcune migliorano perfino a settanta. Questo quadro complesso mostra sempre più che l’intelligenza comprende funzioni molto differenti e in costante evoluzione.
DA 2 A 30 INTELLIGENZE
A spalancare questa prospettiva sulle diverse età di uno stesso cervello e a “datarne” le principali è un grande studio pubblicato su Psychological Science e firmato dal Mit, il Massachusetts Institute of Technology, e dal Massachusetts General Hospital (Mgh). Non che prima non si sospettasse una diversa evoluzione delle aree cerebrali, ma soprattutto si distingueva tra “intelligenza fluida”, pronta, flessibile, adatta alla matematica per esempio, dei giovani, e “intelligenza cristallizzata”, ricca di nozioni, di esperienza, di ampiezza di vocabolario, per esempio degli anziani. La distinzione esce in gran parte frantumata dalla ricerca del MIT, condotta su un grande numero di persone da 10 a 89 anni reclutate soprattutto via Internet con una serie di test cognitivi da risolvere entro pochi minuti, tanto da coinvolgere una platea di cinquantamila partecipanti dopo averne “toccato” 3 milioni. In più i due autori dell’indagine, il dottor Joshua Hartshorne del Mit e la dottoressa Laura Germine del Mgh, hanno rivisto precedenti e differenti studi di misurazione dell’intelligenza, e introdotto il test della capacità di percepire le emozioni degli altri. Alla fine sono risultati circa trenta i sotto-tipi di intelligenza emersi.
SE IL TOP SALE DAI 20 AI 40 ANNI
Vediamo in dettaglio alcune abilità al loro picco. La cosiddetta “intelligenza fluida” veniva ritenuta al top sui vent'anni, mentre ora diverse sue componenti risultano maturare più avanti, anche a quaranta, per poi declinare. La rapidità nel ricordare fatti, collegarli, ripetere la trama di una storia, digitare su una tastiera simboli al posto di parole risulta al massimo tra 15 e 20 anni, però la capacità di fare rapidamente i calcoli giunge al top a 35 anni e rimane al massimo fino ai 55 anni. La memoria visiva a breve termine è al massimo poco dopo i 30 anni, la velocità nell’elaborare le informazioni arriva al top a 18-19 anni, per cominciare a declinare subito dopo, mentre la memoria a breve migliora fino ai 25 anni poi resta stabile fino ai 35. Quanto all’abilità nell’intuire lo stato emotivo degli altri il picco si tocca più tardi, a 40 e a 50 anni.
CONTA L’ISTRUZIONE?
Poi c’è il versante dell’intelligenza accumulata, la cosiddetta “intelligenza cristallizzata” che fruisce dei fatti e delle esperienze vissute e che ha la maggiore ampiezza di vocabolario. Precedentemente il culmine di questa capacità veniva indicato negli ultimi anni dei 40 mentre ora il segnale massimo risulta spostato tra i 60 e i 70 anni. «Può darsi che questo spostamento dipenda anche da una maggiore istruzione diffusa», osservano i due studiosi americani, «dal fatto che più gente ha lavori che richiedono di leggere molto, dalle maggiori opportunità di stimoli intellettuali per gli anziani».
MAI ANDIAMO AL MASSIMO
Riassume Hartshorne: «Data una qualunque età, miglioriamo nel fare alcune cose e, insieme, peggioriamo nel farne altre, mantenendoci a un certo livello per altre ancora. Probabilmente non c’è un’età in cui si arriva al massimo in tutte le capacità intellettive». Poiché i neuroni cominciano a diminuire verso i 30 anni e alcune abilità maturano dopo, questo significa che diverse parti della mente operano diversamente. Il come è da vedere. Ora Hartshorne e Germine vogliono riprendere i loro test via web per analizzare l’intelligenza sociale ed emotiva, le abilità linguistiche, le funzioni esecutive. I loro siti sono gameswithwords.org e testmybrain.org.
UNA “RISERVA” PRO ANZIANI
«L’aspetto interessante è che non è vero che tutta l’intelligenza fluida declina con l’età, almeno fino a un certo livello», commenta Stefano Cappa, docente di Neuroscienze alla Scuola superiore Iuss di Pavia. «Il concetto di base che emerge da questa ricerca è che alcune aree sono particolarmente sensibili all’invecchiamento, altre più resistenti ed altre ancora che continuano a maturare. La buona notizia è che rafforza l’importanza dei processi di apprendimento anche nell’adulto». A favore degli anziani, il professor Cappa sottolinea l’esistenza e l’importanza di una “riserva cognitiva”: «Anche se il processo di perdita è inevitabile, maggiore è questa riserva cognitiva – l’aver molto studiato, letto, avere continuato una vivace vita sociale e ad accumulare esperienze – più alto è il margine di difesa. E forse questa “riserva” protegge non solo dal decadimento cognitivo, ma anche da malattie fisiche».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.