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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 02-09-2015

Antidepressivi in menopausa: utili, ma attenzione alle ossa



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Uno studio suggerisce che gli inibitori della ricaptazione della serotonina aumentano il rischio di fratture. Sono efficaci contro caldane e sudorazioni notturne, per precauzione si suggeriscono terapie più brevi

Antidepressivi in menopausa: utili, ma attenzione alle ossa

Gli antidepressivi Ssri vengono impiegati a volte contro i disturbi provocati dalla menopausa: come la sindrome dell’intestino irritabile, le vampate di calore, le improvvise sudorazioni notturne. Ora un ampio studio alimenta il sospetto che questo trattamento aumenti il rischio di frattura delle ossa. E tale rischio accresciuto sembra perdurare negli anni, per cui un gruppo di ricercatori ha pubblicato sul British Medical Journal il suggerimento precauzionale di abbreviare le terapie con gli inibitori del reuptake della serotonina (Ssri). Da tempo questa classe di antidepressivi si è rivelata un’alternativa valida alla terapia ormonale sostitutiva per donne che non hanno problemi psichiatrici, ma soltanto gli spiacevoli disturbi generati dalla fine della fertilità.

 

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AMPIO STUDIO

La ricerca ha preso in esame 137mila donne di età compresa tra 40 e 64 anni, senza problemi di salute mentale, che avevano intrapreso la terapia con Ssri tra il 1998 e il 2010. Gli psicofarmaci usati spaziavano dal citalopram alla sertralina, dall’escitalopram alla fluoxetina, dalla fluvoxamina alla paroxetina. Come gruppo di controllo si sono seguiti i dati di oltre 236mila donne della stessa fascia di età, curate con farmaci diversi.

E i risultati mostrano un 76 per cento di fratture ossee più alto nel primo drappello dopo un anno di cura con Ssri, del 73 più alto dopo due anni e del 67 più alto dopo cinque anni. Dati impressionanti per i profani. Ma gli stessi autori dell’indagine si premurano di sottolineare che questo è solo uno studio osservazionale, dal quale non si possono trarre conclusioni definitive circa causa ed effetto. «Potrebbe essere che questi antidepressivi - scrivono - interferiscano con la fisiologia delle ossa spingendole ad assottigliarsi piuttosto che rafforzarsi, ma certamente nuovi e prolungati studi sono necessari per pronunciarsi su questo associazione frattura delle ossa-assunzione di Ssri».

 

LA SEROTONINA NELLE OSSA

Commenta la professoressa Donatella Marazziti, docente associato di Psichiatria all’Università di Pisa: «Onestamente, c’era già stato un lavoro molto interessante nel 2009 di Schwan e Hllberg che avevano sottolineato la possibilità che gli Ssri aumentassero il rischio di fratture attraverso una riduzione della densità ossea dovuta a modificazioni della serotonina contenuta nelle ossa (anche se non si sa ancora a che cosa possa servire un sistema serotoninergico nelle ossa appunto). Credo che forse si stanno attribuendo agli Ssri degli effetti che non sono legati ad essi. Personalmente concluderei che occorrono dati ulteriori prima di accusare dei farmaci “innocenti”. E’ pur vero che adesso li conosciamo meglio e sappiamo anche quali possono essere gli effetti collaterali a lungo termine, ma da qui a metterli sul banco degli accusati per un “reato” il passo mi sembra davvero lungo. Aspettiamo altri studi».

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Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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