La perdita di gusto e olfatto ha sorpreso molti colpiti da Covid-19. Si studia per capire meglio la malattia e per aiutare a risentire sapori e profumi
Poco dopo l’inizio della pandemia cominciò a circolare la voce di strani sintomi che nulla sembrava dovessero avere a che fare con una malattia sconosciuta che come primo obiettivo pareva puntare sui polmoni. Perdita dell’odorato per chi ha Covid-19, si diceva, no: perdita del gusto, dei sapori, si replicava da altre parti, o perdita di ambedue i sensi, segnalava qualcun altro. A un certo punto le segnalazioni hanno assunto una tale consistenza che le alterazioni dell’olfatto e del gusto sono stati inclusi fra i sintomi “accertati” del coronavirus. Accertati ma… Ma quanti ne avevano sofferto? In che percentuali? E come si era risolto?
LA PERDITA DEL GUSTO: INDAGINE SU 140.000 PAZIENTI
Uno dei primi centri a intraprendere una ricerca su questi interrogativi è stato il Monell Chemical Senses Center (già il nome svela la mission) di Philadelphia in Pennsylvania (Usa) che di recente ha pubblicato i risultati di una revisione di 241 studi sulla perdita del gusto condotti tra il 15 maggio 2020 e il 1° giugno 2021. In totale risultavano così indagati 138.785 malati di Covid-19: tra di loro, 32.918 avevano riferito di una qualche perdita del gusto. Il 37 per cento. Traduce il primo ricercatore Mackenzie Hannum: «Praticamente 4 su 10 pazienti hanno perso in parte o in toto la capacità di sentire i sapori». Altri particolari: più colpite le persone di età 36-50 anni mentre le donne hanno accusato più spesso la perdita dell’odorato.
GLI ESAMI OGGETTIVI
Per confermare l’esistenza della perdita del gusto, oltre a quanto dice il paziente, che è un’affermazione soggettiva, sono state fatte prove oggettive con kit di diversi sapori dolci e salati, o anche amari e acidi somministrati al paziente con gocce o spray. I ricercatori si augurano che la domanda sulla perdita del gusto (o dell’odorato, che però non va confuso col primo) diventi comune da parte dei medici nei casi di check up di una persona perché può essere indice di long Covid-19 o di altre condizioni cliniche.
LE CORRETTE DEFINIZIONI
E veniamo ai nomi propri di queste perdite sensoriali. Non sentire il sapore dei cibi si chiama ageusia, sentire un sapore distorto disgeusia: in ambedue i nomi è presente il greco geusis = gusto. Per la perdita dell’olfatto il termine è anosmia (dal greco osmòs = odore).
SINTOMI DIVERSI FRA LE POPOLAZIONI
Da altre ricerche sull’argomento arrivano diverse notizie, a volte curiose, a volte importanti per una diagnosi precoce di Covid-19 o di altri problemi di salute. Per esempio, pare che negli occidentali sia più frequente l’anosmia che nei cinesi. Si pensa perché in europei e americani ci sono più recettori ACE-2 (la via principale di ingresso del virus) a livello dell’epitelio olfattivo. Il sintomo, poi, in genere si palesa nella fase intermedia e non grave dell’infezione. Tra i primi a segnalare questi “strani sintomi” alla comunità scientifica sono stati, con una lettera del 26 marzo 2020 alla rivista Clinical Infectious Diseases, i medici dell’Ospedale Sacco di Milano.
PER 3 SU CENTO L’ANOSMIA L’UNICO SINTOMO
Uno studio firmato anche dal professor Paolo Boscolo-Rizzo, uno dei maggiori esperti su questi sintomi, del Dipartimento di neuroscienze all’università di Padova, ha preso in esame 202 malati di Covid-19 in forma moderata e in isolamento domiciliare. Più del 64 per cento di loro riferivano della perdita di olfatto e gusto, un paziente su 10 ha indicato queste perdite come i primi sintomi della malattia mentre uno su 5 ne ha descritto l’arrivo insieme al resto della sintomatologia. Un caso a sé il 3 per cento: hanno avuto l’anosmia come unico segnale dell’infezione da coronavirus. Come si recuperano alla fine tutti i propri sensi? Per alcune persone c’è da aspettare a lungo dopo la fine della malattia, altre li recuperano subito al termine della patologia. Ma durante o dopo si possono fare interventi. Intanto sull’odorato la carenza può essere di tipo “trasmissivo” oppure “neurale”.
PIÙ GRAVE LA LESIONE NEURALE NEL NASO
Nel primo caso l’anosmia si verifica perché si crea un edema nella mucosa nasale, detto più semplicemente si gonfia. Passato il gonfiore, torna la percezione degli odori. La forma più frequente sembra però quella “neurale” a carico dell’epitelio olfattivo. Attraverso i recettori già visti ACE-2 il virus penetra nella cellula e la distrugge. Questa lesione è più complessa da curare. Mentre nell’anosmia trasmissiva possono aiutare spray nasale con cortisone, in quella neurale l’unico trattamento è la “riabilitazione olfattoria”: si tratta di stimolare l’epitelio del naso con sostanze dal profumo/odore molto intenso e familiare così da aiutarlo a riprendere le sue funzioni. Se si parte da chiodi di garofano, limoni, parmigiano, noce moscata, aceto, si arriverà alla fine a percepire di nuovo anche il profumo sottile della rosa.
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Fonti
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.