Ecco perché dovremmo ignorare molte delle notizie che riceviamo su Covid-19 e farmaci miracolosi: la scienza ha i suoi tempi, che i ricercatori di tutto il mondo tentano di accorciare. Ma ci sono regole da seguire, vi spieghiamo quali
La speranza che si trovino un vaccino e nuovi farmaci efficaci per curare il Covid-19 provocato da questo nuovo Coronavirus SARS-CoV-2 è grande quanto la voglia di poter tornare alle nostre vite prima dell’isolamento sociale.
E’ una speranza legittima, che non deve però trasformarsi in illusione, mentre viene messa a dura prova dalle moltissime bufale che circolano in questo momento sui social media, in internet e nei nostri cellulari. Per restare lucidi è importante che tutti noi sappiamo che i ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando per mettere a punto un vaccino e una terapia, spesso condividendo i dati e le conoscenze, più che in competizione fra loro: le pubblicazioni sulle principali riviste scientifiche, infatti, sono continue e cercano di tracciare una mappa di tutto quello che oggi è noto su questo virus.
PERCHÉ LA SCIENZA HA TEMPI LUNGHI?
Ma i tempi della scienza sono inevitabilmente lunghi, sebbene in questo frangente anche gli addetti ai lavori stiano facendo di tutto per accorciarli. Perché? «Perché anche quando si ha una buona idea questa va generalmente testata prima in laboratorio, poi su cavie e infine sulle persone, passando obbligatoriamente per le tre fasi previste per l’approvazione di una nuova cura (farmaco o vaccino non fa differenza)» spiega Francesco Perrone, direttore dell’Unità Sperimentazioni Cliniche dell’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, che ha messo a punto anche l’attuale sperimentazione del farmaco tocilizumab, usato per l’artrite reumatoide, come cura per SARS-CoV-2. «E’ un iter che richiede anni, anche molti, ma che è pensato per tutelare al massimo le persone: solo quelle terapie che passano tutti i “livelli” sono certamente efficaci e sicure».
COS'È UNA SPERIMENTAZIONE CLINICA?
«Una sperimentazione clinica con farmaci (si possono sperimentare anche procedure chirurgiche o altre forme di trattamento medico) è uno studio in cui si cerca di valutare l'efficacia o la tossicità di un farmaco in un gruppo di pazienti con determinate caratteristiche, selezionato in base al quesito scientifico che lo studio si propone» risponde Perrone, che è anche membro del direttivo dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica.
COME SI APPROVA UNO STUDIO CLINICO?
«L'Istituto Superiore di sanità (Iss) valuta l'adeguatezza degli studi preclinici (di laboratorio, in vitro o su animali) su un determinato farmaco per autorizzarne la sperimentazione di fase 1 sull'uomo. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) valuta tutte le sperimentazioni ed emette, se lo ritiene giusto, l’approvazione del protocollo di studio come Autorità regolatoria. Il Comitato Etico del centro sperimentatore (in Italia sono oltre 100, composti da medici, farmacologi, rappresentanti dei pazienti, rappresentanti religiosi, etc.) si riunisce e valuta il protocollo di sperimentazione in base ad alcuni parametri:
- metodologia: lo studio deve essere progettato in forma adeguata a rispondere ai quesiti scientifici che si pone;
- adeguatezza del centro che conduce lo studio;
- caratteristiche di eticità della sperimentazione (consenso informato, tutela del paziente).
Una volta che l’Aifa e il comitato etico hanno autorizzato il protocollo e una volta che è stata definita la copertura finanziaria della sperimentazione, lo studio viene avviato e inizia il reclutamento dei pazienti, che può coinvolgere più centri di cura (studio multicentrico)».
COSA SONO LE TRE FASI DI SPERIMENTAZIONE?
«Lo Studio di fase I è una sperimentazione clinica che prevede l'uso di un farmaco per la prima volta nell'uomo, con l’obiettivo di definirne la tossicità: lo scopo è identificare la dose massima sicura con cui quel farmaco può essere somministrato ai pazienti senza eccessivi rischi di tossicità. Lo Studio di fase II ha lo scopo di valutare l’attività del farmaco o della combinazione di farmaci contro una malattia specifica e la sua tossicità alla dose precedentemente selezionata. Una volta che i risultati dello studio di fase I hanno stabilito che un paziente può ricevere una dose di farmaco senza rischi eccessivi, si cerca di definirne l’attività contro la malattia, basandosi sull’assunto quasi sempre vero che se un farmaco tiene sotto controllo la malattia produrrà un beneficio per il paziente. Lo Studio di fase III è finalizzato a valutare il beneficio per i pazienti, confrontando un gruppo di pazienti trattati con il trattamento che si è dimostrato attivo nella fase II con un altro gruppo trattato con la terapia standard per la patologia su cui si sta lavorando, cioè quella già adottata dalla comunità scientifica come la migliore a disposizione».
EMERGENZA COVID-19: SI POSSONO ACCORCIARE I TEMPI?
«Possiamo ipotizzare di accorciare i tempi, vista la situazione attuale? «La scommessa della sperimentazione clinica in tempi di emergenza sta nel fatto di non ridurre (quanto possibile) i livelli di qualità scientifica ma di migliorarne l’efficienza, attraverso principalmente un taglio drastico dei tempi di valutazione, grazie soprattutto alla semplificazione (ad esempio: un comitato etico valido per tutto il territorio nazionale piuttosto che un comitato etico per ogni centro partecipante), ad alcune deroghe giustificate dall’emergenza (ad esempio: nessun bisogno di polizza assicurativa poiché la copertura può rientrare nelle modalità di copertura assicurativa o di garanzia degli indennizzi già previsti nelle strutture del Ssn) oltre che ad alcuni aspetti scientifici».
REPOSITIONING: I VANTAGGI DEI FARMACI NOTI
E’ chiaro che, nel caso del trattamento della infezione da SARS-Cov2 e delle sue complicanze, se si sperimentano farmaci già noti e registrati per altri patologie (una strategia nota anche prima, e definita repositioning) si possono saltare le prime due fasi della sperimentazione: è quello che si sta facendo, ad esempio, per tocilizumab, remdesivir (già testato per Ebola, Sars e Mers) e quasi tutti gli altri medicinali che oggi diamo ai pazienti con Covid-19».
Vera Martinella
Laureata in Storia, dopo un master in comunicazione, inizia a lavorare come giornalista, online ancor prima che su carta. Dal 2003 cura Sportello Cancro, sezione dedicata all'oncologia sul sito del Corriere della Sera, nata quello stesso anno in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi.