Gli inibitori di pompa protonica sono farmaci sicuri ed efficaci, a patto di assumerli in maniera appropriata. La risposta ai dubbi di un lettore
Ho letto degli articoli relativi ai rischi di maggiore mortalità legati all'utilizzo degli inibitori pompa protonica. Io assumo il pantoprazolo: quali rischi corro? Tra pantoprazolo e omeprazolo, quale è migliore e meno nocivo?
Franco B. (Torino)
Risponde Fabio Monica, direttore dell'unità operativa di gastroenterologia dell'azienda sanitaria integrata di Trieste e presidente eletto dell'Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri (Aigo)
Gli inibitori della pompa protonica sono farmaci che agiscono bloccando la produzione di acido da parte dello stomaco e trovano indicazione nella cura della gastrite e dell’ulcera, associate o meno all’Helicobacter Pylori, della malattia da reflusso gastroesofageo e delle sue complicanze (Esofago di Barrett), e nella prevenzione del danno da farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS). Il loro utilizzo si è sproporzionatamente diffuso, tanto che circa la metà dei pazienti potrebbe farne a meno, e con il termine gastroprotettori hanno assunto un ruolo improprio nel pensiero comune della gente.
Non esistono differenze sostanziali tra le diverse molecole (omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo) sia in termini di efficacia sia di possibili effetti collaterali. Sono farmaci molto ben tollerati, anche se negli ultimi anni il loro profilo di sicurezza è stato messo in discussione da studi epidemiologici che collegano l'uso cronico degli inibitori di pompa protonica a reazioni avverse significative. Per la maggior parte di queste, esiste una spiegazione biologicamente plausibile, che rimanda a delle modificazioni dell’assorbimento di vitamine e dei micronutrienti e alla riduzione dell’effetto protettivo antibatterico, dovuti alla soppressione dell'acidità gastrica. L’osservazione che un fenomeno sia associato a un elemento, come in questo caso gli inibitori di pompa protonica, non permette di stabilire un nesso di causa ed effetto.
A riprova di ciò, l’ipotesi avanzata in uno studio di un possibile ruolo di questi farmaci nel rischio di ammalarsi di demenza, è stata successivamente smentita da almeno quattro studi. La possibilità inoltre che assumere gli inibitori di pompa protonica aumenti il rischio di morte si basa su un unico studio americano che ha analizzato i dati amministrativi delle cartelle degli ospedali per i veterani di guerra riguardanti solo soggetti maschi bianchi, anziani e ricoverati, di cui non si hanno notizie sulle cause di morte. Con queste limitazioni, appare quindi azzardato e scorretto (per stessa ammissione degli autori) estendere alla popolazione generale le osservazioni dello studio.
Gli inibitori di pompa protonica sono farmaci efficaci e ben tollerati e le osservazioni sull’associazione con effetti avversi seri si basano su studi la cui qualità dei dati è piuttosto debole, sebbene la copertura mediatica sia stata ampia e abbia creato eccessivi allarmismi. Quando prescritti appropriatamente, gli inibitori di pompa protonica garantiscono benefici che superano di gran lunga i potenziali effetti avversi.
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