Laura Conti studia come colpire xCT, una proteina specifica delle staminali del carcinoma mammario, per evitare la resistenza ai farmaci e l’insorgere di metastasi
Nonostante i grandi successi ottenuti in campo terapeutico, il costituisce ancora la prima causa di mortalità per tumore nelle donne, a causa del frequente instaurarsi di una resistenza alle terapie convenzionali e della mancanza di una cura efficace per i tumori di tipo metastatico.
Questi insuccessi sono dovuti all'incapacità delle attuali terapie di eliminare le cellule staminali tumorali, una popolazione di cellule responsabile della progressione tumorale e dello sviluppo di metastasi. L'identificazione di bersagli specifici per le cellule staminali tumorali è pertanto necessaria per sviluppare terapie antitumorali efficaci.
A tal fine recentemente sono state condotte delle analisi molecolari su cellule staminali tumorali derivanti da due sottotipi di tumori mammari (ErbB2+ o tripli negativi), che hanno permesso di identificare un possibile target terapeutico: la proteina xCT, coinvolta nella sopravvivenza delle staminali tumorali mammarie e nella resistenza alla chemioterapia. Capire come colpire questo bersaglio è l’obiettivo di Laura Conti (nella foto), che grazie al progetto Pink is Good della Fondazione Umberto Veronesi porta avanti un progetto di ricerca presso il Centro di Biotecnologie Molecolari dell'Università di Torino.
Laura, parlaci più nel dettaglio della tua ricerca.
«Lo scopo del mio progetto è la messa a punto di una terapia in grado di colpire in modo specifico le staminali alla base del tumore al seno, mirando a xCT. Abbiamo già ottenuto risultati preliminari incoraggianti, pubblicati a gennaio di quest’anno sulla prestigiosa rivista scientifica Cancer Research.
In questo nuovo lavoro saranno invece sviluppati protocolli preclinici di immunoterapia attiva (una sorta di vaccino, che stimola quindi il sistema immunitario a colpire il bersaglio) e passiva (ossia la somministrazione di anticorpi ricombinanti che vanno direttamente ad attaccare l’obiettivo) specifici per xCT, e combinati con la chemioterapia».
Quali prospettive apre, anche a lungo termine, per la salute umana?
«Se tutto va bene, questo progetto potrà avere importanti ricadute cliniche: l'immunoterapia contro xCT potrà potenziare l'effetto antitumorale della chemioterapia e limitare lo sviluppo di metastasi nelle pazienti affette da tumore al seno, anche di tipo triplo negativo, per i quali al momento non esistono terapie efficaci in grado di prevenire le recidive».
Ricordi l’episodio o il momento in cui hai capito che la tua strada era quella della scienza?
«Da bambina sognavo di inventare una macchina che avrebbe curato tutte le malattie. Durante gli studi mi sono poi appassionata molto alla letteratura, ma al momento di scegliere quale università frequentare ha prevalso il mio sogno di bambina. Devo dire però che la mia passione per la letteratura mi ha poi aiutata molto anche nella carriera scientifica».
Cosa ti piace di più della ricerca?
«Il costante mettersi in gioco e intraprendere nuove strade, e il fatto che non si smette mai di studiare e di imparare cose nuove».
E cosa invece eviteresti volentieri?
«Sicuramente la precarietà: è faticoso vivere "a scadenza", non sapere mai da un anno all'altro se avrai ancora la possibilità di portare avanti i progetti in cui credi e di guadagnarti da vivere facendo quello che ami».
Una figura che ti ha ispirato nella tua vita personale e/o professionale.
«Mio padre: è lui che mi ha insegnato l'importanza di impegnarsi a fondo e dare il massimo in tutte le piccole e grandi cose che la vita ti porta ad affrontare, sia in ambito professionale che nella vita privata, cercando di perseguire con tenacia ed onestà i propri obiettivi».
Cosa avresti fatto se non avessi fatto il ricercatore?
«La bibliotecaria: adoro stare in mezzo ai libri».
Cosa fai nel tempo libero?
«Amo la natura e lo sport all'aria aperta, per cui appena ho tempo mi dedico al trekking in montagna e alla bici. Inoltre pratico yoga da diversi anni, mi piace andare a teatro e faccio volontariato in due associazioni che si occupano rispettivamente di ecologia e divulgazione scientifica».
Hai famiglia?
«Vivo con il mio compagno e un gatto».
Se un giorno un tuo figlio o figlia ti dicesse che vuole fare il ricercatore, cosa gli/le diresti?
«Di valutare bene a cosa sarebbe disposto a rinunciare per seguire la sua passione».
Quando è stata l’ultima volta che ti sei commosso?
«L’altra sera, guardando il film "Il sale della terra" di Wim Wenders».
Il film o il libro che preferisci?
«Difficile sceglierne uno: molti film e soprattutto molti libri mi hanno accompagnata nel mio percorso, regalandomi piccole e grandi emozioni. Dovendone scegliere uno, "Le notti bianche" di F. Dostoevskij».
Pensi che la scienza e le ricerca abbiano dei lati oscuri? Come pensi che debbano essere affrontati?
«Purtroppo la scienza come ogni altra cosa è soggetta alle leggi dell'economia, ed è in parte finanziata da gruppi di potere che, nell’inseguire i propri interessi economici, non sempre perseguono il bene dei pazienti. A mio avviso sarebbe auspicabile un maggiore sostegno da parte di finanziamenti pubblici o di fondazioni come la Fondazione Umberto Veronesi, per garantire una maggiore libertà di ricerca».
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