È il campo di azione della ricercatrice Sara Baroni, che lavora all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. L’obiettivo è identificare un bersaglio molecolare per nuove terapie
La ricerca scientifica negli ultimi vent'nni ha tagliato numerosi traguardi per quanto riguarda la cura del tumore al seno, il più diffuso nelle donne al mondo, e che colpisce solo in Italia circa 48mila donne ogni anno. A oggi, l’87 per cento di esse guarisce, con percentuali che arrivano fino al 98 per cento, se il tumore è identificato precocemente - al di sotto di un centimetro di dimensione, quando ancora non dà sintomi clinici - e adeguatamente curato. Purtroppo però non tutti i tipi di tumore al seno sono curabili con la stessa efficienza.
In particolare, il sottotipo “triplo negativo” rappresenta ancora una sfida per i medici e gli oncologi. Viene così definito perché le cellule maligne non possiedono sulla loro superficie i recettori per gli estrogeni o per il progesterone né la proteina Her2: non è quindi possibile colpirli con la terapia ormonale o i farmaci intelligenti specifici per Her2, come il trastuzumab, e questo li rende più difficili da curare. I ricercatori in tutto il mondo sono quindi impegnati a studiare la biologia del tumore al seno “triplo negativo” per identificare bersagli su cui sviluppare terapia mirate, come già avviene per i tumori sensibili agli ormoni o positivi per Her2.
UN “MICRO” BERSAGLIO
Sara Baroni è una giovane ricercatrice di 32 anni che, sostenuta da una borsa di ricerca nell’ambito del progetto Pink is Good della Fondazione Umberto Veronesi, all’Istituto dei Tumori di Milano presso la Start-Up Unit della dottoressa Marilena Iorio è impegnata proprio nella lotta contro il tumore al seno triplo negativo. Cercando di capire come il tumore triplo negativo comunica con l’“ambiente” del seno intorno a sé, favorendo la sua crescita e la sua disseminazione. «La crescita di un tumore non è solo determinata dalle caratteristiche intrinseche delle cellule maligne, ma è strettamente dipendente dall’ambiente extracellulare che lo circonda», spiega Sara.
«Tale “spazio”, chiamato stroma, è costituito da differenti tipi di cellule, tra cui i fibroblasti, e da una struttura esterna, la matrice extracellulare. Le cellule tumorali sono in grado di manipolare le cellule dello stroma, come i fibroblasti, affinché favoriscano e sostengano la loro crescita, ma i meccanismi con cui lo fanno non sono ancora chiari». Negli ultimi anni è emerso un possibile ruolo in questo processo di piccole molecole di Rna, chiamati micro-Rna, capaci di regolare l’espressione genica e che possono essere prodotti dalle cellule tumorali e rilasciate nell’ambiente extra-cellulare, dove influenzano le cellule del micro-ambiente tumorale.
«Sappiamo che nei tumori tripli negativi alcuni microRna sono espressi in modo anomalo. In particolare io mi occupo del microRNA9, che agisce come mediatore tra le cellule tumorali e il microambiente che lo circonda.» continua Sara con entusiasmo. «Sto cercando di dimostrare che aumento del livello del microRNA9 faccia acquisire capacità maligne alle cellule sane del microambiente, favorendo così lo sviluppo e il progredire della malattia». L’obiettivo finale è identificare nel miRNA-9 un altro potenziale bersaglio da colpire farmacologicamente nella terapia del tumore al seno. «Stiamo avendo risultati incoraggianti: il micro-RNA9 potrebbe rivelarsi un “bersaglio” promettente e dunque aprire la strada per una terapia “mirata”. Io lavoro sempre con molta fiducia».
AMORE PER L’ITALIA
Sara ha lavorato per un periodo negli Stati Uniti. E oggi è tentata di espatriare ancora e diventare un “cervello in fuga” all’estero per amore della ricerca? «No, io vorrei lavorare qui in Italia, anche se non escludo di poter tornare all’estero per un periodo». Anche fuori dal laboratorio e dal suo lavoro, Sara è impegnata per il prossimo: pratica volontariato, ma è anche appassionata di viaggi. La sua prossima meta? La Lapponia, ad ammirare l’Aurora boreale. «E poi sono molto molto sportiva: ho giocato a pallavolo per anni, amo correre e praticare sport. Il mio stile di vita è perfettamente riassunto dal motto mens sana in corpore sano».
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Chiara Segré
Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.