L’idrossitirosolo e il tirosolo sono presenti nell’olio extra-vergine d’oliva con proprietà antiossidanti. Meno nota è l’azione dei loro metaboliti: la ricerca di Gabriele Serreli
Lo stile di vita e la dieta hanno un ruolo importante nella prevenzione primaria contro vari tipi di tumori, come quello del colon-retto. È noto che alcuni composti abbondanti nella cosiddetta "dieta mediterranea" possono esercitare un'azione preventiva, grazie alle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. In particolare, l’olio extravergine di oliva (EVO) è un alimento ricco di polifenoli, molecole che agiscono come antiossidanti naturali proteggendo l'olio dagli effetti dannosi dei radicali liberi. Studi in vitro e in vivo suggeriscono che questi composti potrebbero avere un effetto protettivo anche per l’uomo, regolando le vie di segnalazione coinvolte nei processi infiammatori e nello sviluppo del cancro.
Gabriele Serreli è ricercatore presso l’Università degli Studi di Cagliari, dove studia i meccanismi coinvolti nell’azione antiinfiammatoria e antitumorale di due composti polifenolici dell’olio EVO, l’idrossitirosolo e tirosolo. Il suo progetto sarà sostenuto per il 2023 da una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi.
Gabriele, come nasce l'idea del vostro lavoro?
«L’idea nasce da precedenti risultati ottenuti studiando l’idrossitirosolo e tirosolo e i loro principali metaboliti: queste molecole si sono dimostrate biologicamente molto efficaci come antiossidanti e antiinfiammatori, a concentrazioni anche minori rispetto a quelle normalmente ottenibili con una dieta sana come quella mediterranea».
Perché avete scelto di orientarvi su questa linea di ricerca?
«È risaputo che uno stile di vita sano, comprendente una dieta equilibrata, può contribuire al mantenimento delle funzioni fisiologiche dell’organismo e alla prevenzione di determinate patologie. Con l’alimentazione vengono normalmente assunte sostanze che, se in eccesso,possono compromettere la salute di diversi organi e in particolar modo dell’intestino. Allo stesso modo, la dieta ci consente di assumere delle sostanze benefiche, note come nutraceutici, in grado di limitare l’insorgenza di varie malattie e di contrastarne l’avanzamento a livello sistemico e a livello intestinale. Per questo motivo abbiamo deciso di concentrarci sulle molteplici attività di composti nutraceutici, come appunto l’idrossitirosolo e il tirosolo, nel contrasto all’insorgenza del tumore al colon-retto».
Quali sono gli aspetti poco noti che vorreste approfondire?
«Il cuore della ricerca sarà capire quali sono i meccanismi molecolari alla base dell’attività antiproliferativa delle molecole citate. Nello specifico, vogliamo studiare i loro principali metaboliti: quest’ultimi si formano normalmente in vivo dopo il consumo di olio extravergine di oliva e si concentrano nel torrente cardiocircolatorio e a livello intestinale. Nonostante la loro importanza biologica, questi metaboliti sono ancora poco studiati e molte informazioni disponibili derivano da lavori del nostro gruppo di ricerca».
Come intendete portare avanti il vostro progetto quest’anno?
«Vogliamo studiare queste molecole attraverso modelli sperimentali in vitro che già utilizziamo nei nostri laboratori, abbinati ad altri nuovi modelli 3D che simulano la struttura del tessuto intestinale. Avremo così risultati il più possibile vicini a ciò che accade in vivo nell’uomo. Saranno utilizzate anche tecniche di biologia molecolare per individuare le "vie di segnalazione" regolate da idrossitirosolo e tirosolo, oltre a tecniche analitiche per la valutazione del metabolismo e dello stato di ossidazione delle cellule tumorali in seguito al trattamento con i composti».
Quali prospettive apre, anche a lungo termine, per la conoscenza biomedica e la salute umana?
«I risultati potrebbero fornire nuove informazioni sull'importanza dell'assunzione di olio extravergine di oliva nel contesto di una dieta come quella mediterranea. Lo studio potrebbe favorire la promozione di stili di vita adeguati e lo sviluppo di un nuovo approccio terapeutico e preventivo».
Sei mai stato all’estero per un’esperienza di ricerca?
«Ho avuto la fortuna di lavorare all’estero in diverse occasioni. La prima volta sono stato alla University of Roehampton a Londra, durante il mio secondo anno di dottorato. Successivamente sono stato più volte all’Institut Hospital del Mar d'Investigacions Mèdiques (IMIM) di Barcellona, per un progetto legato al mio contratto da ricercatore di tipo A.»
Cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
«Sono state molto importanti per la mia formazione scientifica e soprattutto umana. A Londra sono partito a 25 anni ed è stata un’occasione per uscire finalmente dalla mia “comfort zone”. A Barcellona ci sono stato dopo aver concluso il mio dottorato e ho avuto l’occasione di fare ricerca con la R maiuscola in un istituto all’avanguardia e con colleghi molto esperti».
Ti è mancata l’Italia?
«Mi è mancata soprattutto durante il soggiorno a Londra, per via del clima e del tipo di socialità completamente diversa dalla nostra. A Barcellona tutto questo non è accaduto perché la vita è meno caotica e il clima simile al nostro. Dal punto di vista lavorativo, in entrambe le occasioni ho trovato molti punti a favore della ricerca fatta in questi Paesi rispetto all’Italia, principalmente per via della disponibilità economica e di mezzi».
Perché hai scelto di intraprendere la strada della ricerca?
«Faccio ricerca perché è una sfida con me stesso: voglio crescere sempre di più e dare il mio contribuito per raggiungere un nuovo livello di conoscenza scientifica nel mio ambito. Sono appassionato di scienza da sempre, da quando guardavo le puntate di Superquark in TV: era inevitabile che questa passione mi guidasse nella scelta della carriera lavorativa».
Dove ti vedi tra dieci anni?
«Mi vedo ancora in laboratorio circondato da studenti e dottorandi, a cui trasmettere la mia passione per la ricerca. Con una posizione più stabile, si spera».
Cosa ti piace di più della ricerca?
«Mi piace viaggiare per congressi o progetti e confrontarmi con i miei colleghi provenienti da tutto il mondo. È un momento di crescita importante che solo la ricerca può offrire».
E cosa invece eviteresti volentieri?
«Eviterei di dover competere con gli altri ricercatori. La competizione è importante quando aiuta a crescere e a puntare in alto, ma non come è stata portata avanti negli ultimi anni, soprattutto dopo i tagli all’istruzione e all’università. Purtroppo, il mondo della ricerca ci costringe a sgomitare per rimanere in sella e uscire dal precariato».
Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?
«La ricerca scientifica è per me l’inseguimento e il raggiungimento del progresso per una società migliore e più giusta. Scienza e ricerca sono alla base dell’evoluzione della storia dell’uomo».
C’è una figura che ti ha ispirato nella tua vita professionale?
«Senza dubbio il compianto Piero Angela, che ha ispirato generazioni di giovani ricercatori e ha avvicinato i profani al mondo della ricerca e della scienza. Mancherà molto a tantissime persone».
Qual è l’insegnamento più importante che ti ha lasciato?
«L’importanza di prendere decisioni razionali e di avere un comportamento assertivo nel lavoro come nella vita di tutti i giorni».
Cosa avresti fatto se non avessi fatto il ricercatore?
«Bella domanda. Ho in mente due alternative: la guida ambientale, oppure il ricercatore nel campo della storia e dell’archeologia, materie che mi appassionano da sempre».
In cosa, secondo te, può migliorare la comunità scientifica?
«La comunità scientifica si è mostrata poco preparata nel divulgare i risultati e i dati delle ultime scoperte scientifiche. Lo si è visto soprattutto con la pandemia. Deve migliorare nella comunicazione con il mondo esterno, anche attraverso corsi specifici e collaborazioni con esperti in questo ambito».
Pensi che ci sia un sentimento antiscientifico in Italia?
«Il sentimento antiscientifico è ben radicato in Italia e deriva da anni di smantellamento della scuola pubblica e dell’impoverimento culturale degli ultimi decenni. Ma deriva anche dalla scarsa attività di divulgazione da parte degli scienziati. Noi ricercatori dobbiamo sfondare il muro che ci separa dai “profani della ricerca” e farci conoscere nel nostro lavoro quotidiano. Dobbiamo riuscire ad avvicinare le persone alle tematiche e al metodo scientifico, che è valido anche al di fuori dei laboratori. Dobbiamo lavorare molto su questo aspetto».
Cosa fai nel tempo libero?
«Mi occupo di diverse cose. Sono amante della montagna e in particolare della raccolta dei funghi, alla quale dedico tantissimo tempo. Ho fatto parte di diverse associazioni culturali nel mio paese di origine, Uta (in provincia di Cagliari), e mi occupo anche di divulgazione scientifica, organizzando eventi e dibattiti. Inoltre, ho contribuito a fondare una squadra di calcio, che dà la possibilità a tanti ragazzi del mio paese di praticare questo sport a livelli dilettantistici».
Hai famiglia?
«Sono sposato da quasi quattro anni e ho una figlia di un anno».
Se un giorno tua figlia ti dicesse che vuole fare la ricercatrice, come reagiresti?
«Il mondo della ricerca è in continua evoluzione, perciò non so se fra vent’anni vorrò consigliarlo a mia figlia. L’unico consiglio che posso darle è di assecondare le sue passioni. La ricerca è fatta bene se è portata avanti con entusiasmo, tutto il resto è vivacchiare per ricevere lo stipendio a fine mese».
C’è un luogo che vorresti assolutamente vedere almeno una volta nella vita?
«Ce ne sono diversi. Tra tutti scelgo Cuba: la vorrei visitare prima che la corruzione dei costumi la trasformi in un luogo di villeggiatura come tanti altri nel mondo».
Hai un ricordo a te caro di quando eri bambino?
«Sono un nostalgico della vita prima dell’avvento dei social network e delle nuove tecnologie, quella delle persone in carne ed ossa e di una socialità più vera. Perciò un ricordo che citerei è quando andavo con mio padre in ricevitoria a giocare il Totocalcio e ascoltavo le partite alla radio la domenica pomeriggio: un mondo che non c’è più».
Il libro che più ti piace o ti rappresenta?
«Il libro che mi piace di più è “ Sapiens - Da animali a dèi” di Harari, mentre quello che mi rappresenta è un libro che ho scritto e pubblicato nel 2022 sulla storia del mio paese».
Con chi ti piacerebbe andare a cena una sera e cosa ti piacerebbe chiedergli?
«Mi sarebbe piaciuto andare a cena con Franco Battiato, per sentirlo raccontare i suoi aneddoti e discutere di spiritualità».
Cosa vorresti dire alle persone che scelgono di donare a sostegno della ricerca scientifica?
«La ricerca scientifica è il motore del progresso che ha consentito all’uomo di ottenere dei risultati impensabili fino a pochi decenni fa, in termini di qualità della vita e di longevità. Senza l’aiuto da parte dei donatori, molti successi in ambito medico non sarebbero stati possibili. Invito chiunque possa, a sostenere la ricerca scientifica».